Barocchi, ridondanti, avvolti da decorazioni vegetali che sembrano stelle filanti, tra cui occhieggiano mascheroni rotondi bianchi e dorati: così si presentano questi vasi prodotti sul volgere del IV secolo a.C. nell’antica Apulia, destinati a soddisfare le pretese di raffinatezza degli indigeni che popolavano le terre attorno alle città greche dell’Italia meridionale.
Le sepolture aristocratiche apule hanno restituito una grande quantità di vasi di ceramica a figure rosse, derivata inizialmente da quella attica del V secolo a.C. ma prodotta sul suolo magnogreco. Nel corso del IV secolo la forma preferita diviene quella del cratere a volute, tanto diffuso già dal VI sec. a.C. anche in Etruria (basti pensare al vaso François!). Il cratere era un vaso destinato originariamente al simposio, al momento nel quale gli uomini, secondo la moda greca, al termine del banchetto miscelavano in questo contenitore il vino con l’acqua, il miele e le spezie, per poi versarlo nelle coppe. I crateri apuli sviluppano la forma di questo vaso, aumentandone a dismisura le proporzioni e rendendolo molto più slanciato: gli esemplari più grandi superano il metro e mezzo di altezza, tanto che le officine di produzione si spostano dalle città greche ai centri indigeni (Canosa e Arpi, per esempio), proprio per ovviare ai problemi del trasporto di una merce tanto preziosa e delicata. Anche la destinazione d’uso dei vasi cambia: non più il simposio ma il corredo funebre, dove i crateri testimoniavano della ricchezza e raffinatezza del proprietario della sepoltura. Anche i soggetti che decorano le pareti dei vasi sono soggetti funerari: al centro di uno dei due lati si trovano spesso stele o naískoi (piccoli templi) con statue, che riproducono i monumenti funerari più in uso all’epoca in Apulia.

Dal punto di vista tecnico i pittori apuli fanno larghissimo uso, oltre alle figure rosse, delle sovradipinture in bianco, giallo e porpora, che conferiscono tocchi di luce alla fittissima decorazione vegetale che copre tutto il corpo del vaso: sono bianchi gli elementi architettonici, nella realtà di marmo o pietra stuccata, e sono bianchi i personaggi che rappresentano statue, a differenza dei viventi che rimangono del colore dell’arglilla. Sono sovradipinti anche i mascheroni, una decorazione plastica consistente in un volto femminile (spesso la Gorgone) che viene applicata sulle volute, i riccioli che decorano le anse all’attaccatura sul collo del vaso.

Al secondo piano del MAF sono esposti due di questi grandi crateri, uno dei quali attribuito al pittore di Baltimora (spesso i nomi dei pittori sono attribuiti in base alla collocazione delle loro opere più importanti!), un artista la cui officina aveva probabilmente sede a Canosa sullo scorcio del IV sec. a.C.

Sul lato principale del vaso è raffigurata la scena di Teti che consegna le armi al figlio Achille, circondata da altre divinità ed eroi, in una composizione complessa e affollata. Sul retro è un monumento funerario a tempietto contenente la statua di un guerriero (il defunto) eroizzato, con il suo cavallo e la sua armatura dorata. Sul collo sono rappresentate scene di battaglia tra Greci e Amazzoni.

Sulle volute delle anse sono collocati, due per ogni lato, i mascheroni femminili, con i capelli biondi e una corona in testa. Meno raffinati e più ammiccanti sono invece i mascheroni che decorano un lato dell’altro cratere esposto: due musi arcigni di Medusa, rossicci, con i capelli-serpenti neri, le ali in testa e la bocca digrignante.

Bellissimo articolo,dotto, esauriente e interessante, corredato riccamente da splendide illustrazioni
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Grazie! Ci fa piacere che anche argomenti un po’ più specifici siano apprezzati. Dove non diversamente indicato, le foto sono quelle del nostro Archivio Fotografico.
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