Zaino in spalla!

Avete preparato tutto il necessario per la scuola? Grembiuli, quaderni, merenda e soprattutto penne, matite e colori!

Nell’antico Egitto sicuramente non tutti i bambini erano destinati ad andare a scuola. I più fortunati che ricevevano un’istruzione però, vivevano una quotidianità a volte molte diversa da quella di oggi. In alcuni casi studiavano da soli o in piccoli gruppi con una sorta di precettore, non necessariamente si andava in un luogo deputato all’insegnamento, l’equivalente della nostra scuola, ma si rimaneva in casa, le materie di studio erano diverse e diversi erano i metodi di insegnamento e di mantenimento della disciplina.

Una cosa però era necessaria, allora come ora: l’astuccio!

Rilievo degli scribi, dalla tomba di Horemheb, Saqqara, Nuovo Regno (XVIII dinastia, regni di Tutankhamon e di Ay 1333-1319 a.C.).

Vi siete mai chiesti come fosse composta la cartella dei bambini egizi? Come facevano i loro compiti, su cosa scrivevano e con quale strumento?

I bambini diventavano scolari presto, intorno ai 5 anni, e terminavano gli studi di base circa 10 anni dopo, con il conseguimento del titolo di scriba. Dovevano imparare a leggere e scrivere in tre modi diversi: in geroglifico, in ieratico e in demotico, tre sistemi di scrittura completamente diversi che servivano per trascrivere la stessa lingua. Un po’ come i loro compagni moderni che si trovano ad imparare lo stampato maiuscolo, il minuscolo e il corsivo, ma con un’infinità di segni in più! Ovviamente c’era bisogno di molto esercizio e per i primi tentativi degli studenti non potevano certo essere sprecati dei fogli di papiro, che erano costosissimi e quindi riservati a testi molto importanti.

Ostraka (scaglie di pietra e vasi rotti) con iscrizioni in demotico, Nuovo Regno, XIX-XX dinastia.

I bambini dunque scrivevano sugli equivalenti delle nostre “brutte copie”, cioè schegge di pietra oppure pezzi di vasi rotti, con l’ausilio dello stilo, una sorta di bastoncino appuntito o sfrangiato, come un piccolo pennino o pennellino quindi, da scegliere in base allo stile calligrafico del testo da scrivere. Anche l’inchiostro doveva essere preparato sul momento, sciogliendo nell’acqua i pigmenti, altrimenti si sarebbe seccato diventando inutilizzabile. Nella cartella dei bambini era presente anche una tavoletta con due incavi per l’inchiostro e una scanalatura centrale che serviva per appoggiare lo stilo e le boccette per la preparazione dell’inchiostro. Quanta fatica rispetto alle nostre penne! Una cosa però è rimasta la stessa: i colori usati erano il nero, per i testi, e il rosso, per i titoli o per le cose più importanti che meritavano di essere evidenziate col colore.

Set scrittorio e vasetti per la preparazione dell’inchiostro, Nuovo Regno, Epoca Tarda.

Un particolare inaspettato è che tra le competenze che uno scriba doveva acquisire nella sua istruzione di base c’era anche lo scrivere incidendo la pietra. Nel suo kit per la scuola, quindi, non potevano mancare scalpello e mazzetta per scolpire i geroglifici.

La stele funeraria del maggiordomo Khentekhtayaun, esempio di scrittura geroglifica.

Alla fine del primo corso di studi si poteva proseguire con l’apprendimento di altre materie, come le lingue straniere, la medicina, l’astronomia o l’architettura. Per questi studi specialistici era necessario studiare presso le Case della Vita, vere e proprie scuole allestite di solito presso i templi.

Probabile raffigurazione di scolaro che porta una cartella e un cestino. Museo Egizio del Cairo
[L’Egitto dei Faraoni”​, Vol. 6: I Tesori del Museo Egizio del Cairo (testi A. Amenta, foto A. De Luca); Ed. White Star/L’Espresso Editoriale, 2005, pp. 86, 88].

Numerosi papiri ci parlano della vita degli scolari, uno dei più famosi è il papiro Lansing conservato al British Museum. Tra le sue righe troviamo rimbrotti e precetti di uno scriba al suo allievo. Con gli insegnamenti di questo antichissimo maestro vi auguriamo un buon rientro a scuola!

Frammento del papiro Lansing, XX dinastia, conservato al British Museum

Di giorno scrivi con le tue dita, di notte leggi ad alta voce.

Diventa amico del rotolo e della tavolozza, rendono più felici del vino.

Felice è il cuore di chi scrive: è giovane ogni giorno.

#lartechelegge… in Egitto!

Torna anche quest’anno la campagna Maggio dei Libri, promossa dal Centro per i Libri e la Lettura e sostenuta dal Mibact con l’ashtag #lartechelegge, che contraddistinguerà la campagna social di questo mese. I visitatori dei musei italiani potranno divertirsi alla ricerca di libri, papiri, scritture raffigurati in sculture, vasi e affreschi delle epoche e delle collezioni più disparate, per condividerli poi sui social. Noi intanto cominciamo, se non proprio dall’inizio, almeno da mooolto tempo fa!

La scrittura dell’antico Egitto è uno degli aspetti che più affascina e intriga fin da bambini: chi non ha mai sentito parlare di geroglifici, di cartigli, della stele di Rosetta e della storia della sua decifrazione?

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I geroglifici dipinti nel XIX secolo come decorazione nella  sala III del museo. Vi si possono leggere i nomi di Umberto e Margherita di Savoia.

I geroglifici costituiscono un sistema estremamente complesso di scrittura; ad essi si accompagnavano altri due sistemi, lo ieratico (dal greco hierós, sacro) e il demotico (dal greco démos, popolo), il primo utilizzato dai sacerdoti come sistema semplificato di scrittura e il secondo, da esso derivato, impiegato per le esigenze della vita quotidiana soltanto dal VII sec. a.C. Mentre il geroglifico si serve di disegni stilizzati (a cui può corrispondere un oggetto -pittogrammi-, un concetto -ideogrammi- o semplicemente un suono), gli altri due sistemi impiegano segni più corsivi e più veloci da tracciare.

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Papiro con scrittura geroglifica (a sinistra) e ieratica (a destra)

Proprio per questa sua complessità, la scrittura era appannaggio di pochi eletti: il faraone, certamente, pochi nobili appartenenti alla sua corte e, soprattutto, gli scribi. Il loro percorso di studi iniziava fin da bambini e, perché acquisissero al meglio la capacità di scrivere, richiedeva molti anni: l’alfabeto infatti, che all’inizio contava circa settecento segni, vide aumentarli a dismisura nel corso dei secoli, fino a oltre cinquemila.

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La pianta di papiro coltivata nel giardino del MAF

Ma quali erano i “libri” degli antichi Egizi? I papiri, naturalmente. I fogli di papiro erano ottenuti lavorando la parte interna del fusto della pianta, che cresceva lungo le sponde del Nilo. Le strisce sottili che se ne ricavavano venivano giustapposte in più strati, con le fibre disposte in senso orizzontale o verticale, alternate; gli strati aderivano poi l’uno all’altro grazie alla loro stessa secrezione e venivano infine battuti e pressati; i lunghi rettangoli così ottenuti erano poi conservati arrotolati su se stessi. Si scriveva utilizzando lo stilo, una sottile bacchettina di legno che veniva spesso mordicchiata ad una estremità per renderla più flessibile e precisa; l’inchiostro utilizzato era di due colori: rosso, ottenuto con la polvere di minio o di cinabro, e nero, ottenuto con la fuliggine. A restituirci queste preziose informazioni sono i corredi di scribi che sono giunti fino a noi, che comprendevano le boccettine per la conservazione dell’inchiostro (dei veri e propri calamai) e le tavolette per riporre lo stilo e preparare il colore, come quelle conservate al museo.

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Il corredo dello scriba

I papiri non erano però l’unico supporto per la scrittura: oltre alle stele, incise e sovradipinte, per gli “appunti volanti” venivano utilizzati anche i cocci dei vasi rotti (óstraka in greco) o schegge di pietra avanzate dall’opera degli scultori: un comodo supporto usa e getta di nessun valore, che consentiva di non sprecare i preziosi fogli di papiro. Quelli conservati nel nostro museo riportano appunti, ma anche numeri e conteggi:

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Óstraka (in basso a sinistra i conteggi)

Gli scribi sono spesso rappresentati nelle sculture e nei rilievi egizi, quasi sempre sono seduti a gambe incrociate, la posizione che li contraddistingueva e che consentiva loro di appoggiare sulle gambe la tavoletta necessaria per sostenere il foglio su cui scrivevano.

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Il rilievo degli scribi

C’è però al MAF un rilievo molto famoso di epoca amarniana, noto appunto come rilievo degli scribi, che ci restituisce una scena molto vivida e articolata: su piani diversi sono rappresentati quattro scribi, intenti a fissare nella stessa direzione, con in mano la tavoletta e lo stilo, pronti a trascrivere tutto ciò che stanno ascoltando, come dei moderni giornalisti. La caratteristica di questo rilievo è la grande naturalezza con cui sono rese le figure e il rispetto della profondità della scena in contrapposizione alla consueta piattezza e schematicità, elementi che caratterizzano l’arte egizia soltanto nell’epoca della XVIII dinastia (quella di Tutankhamon), chiamata amarniana dalla città di El Amarna, in quel tempo capitale del regno. Il rilievo, del quale il MAF possiede solo un frammento, si completa con il pezzo oggi conservato al museo di Leiden, nel quale è ritratto il faraone che detta la legge.