Winckelmann e l’arte etrusca

La mostra “Winckelmann, Firenze e gli Etruschi” al MAF fino a gennaio 2017, racconta attraverso documenti d’epoca e oggetti d’arte il soggiorno fiorentino di Johann Joachim Winckelmann, lo studioso tedesco che a metà del Settecento ha rivoluzionato lo studio dell’arte antica.

Stele fiesolana di Larth Ninies
Stele fiesolana di Larth Ninies

Winckelmann soggiornò a Firenze tra il 1758 e il 1759. Qui ebbe modo di studiare l’arte degli Etruschi, tassello importante per la redazione della sua “Storia dell’Arte presso gli Antichi” nella quale si proponeva di tracciare una storia dell’arte antica a partire dagli Egizi, dai popoli del Vicino Oriente, proseguendo con gli Etruschi e altri popoli italici, per arrivare ai Greci e infine ai Romani. In questo suo mastodontico progetto, dunque, l’arte etrusca aveva un ruolo importante. Per perseguire il suo scopo di studio, durante il soggiorno a Firenze progettò dei viaggi (che poi non compirà) a Volterra, Chiusi, Cortona, Arezzo. Dell’arte etrusca Winckelmann dà un giudizio positivo, legandone il suo sviluppo alle buone condizioni climatiche, geografiche e anche politiche che avrebbero a suo dire influito positivamente sullo sviluppo delle arti: in realtà si tratta di considerazioni che egli trasse dalla lettura delle fonti antiche; la verità è che alla metà del Settecento dell’arte etrusca si sapeva molto poco: lo stesso Winckelmann lamentava che si conosceva pochissimo la statuaria etrusca di grandi dimensioni. Proprio a Firenze, però, lo studioso poté vedere dal vivo due straordinari esempi della statuaria in bronzo etrusca: l’Arringatore e la Chimera di Arezzo.

Secondo Winckelmann questo bronzetto etrusco si colloca nel "I stile"
Secondo Winckelmann questo bronzetto etrusco si colloca nel “I stile”

A proposito dell’arte etrusca, Winckelmann individua 3 stili: genesi, maturità, decadenza. Carattere distintivo del I stile è il contorno duro e tagliente delle opere (egli studia principalmente bronzetti votivi); nel secondo stile etrusco le figure acquistano “miglior forma”, ma mantengono la rigidezza del I stile, restando “senza carattere e senza grazia” e non riuscendo a raggiungere l’armonia delle contemporanee opere greche. Il III stile è caratterizzato dall’imitazione dei modelli greci.

Aldilà dei suoi giudizi e di alcune sue valutazioni che risulteranno sbagliate con il progredire della conoscenza, l’aspetto veramente importante del lavoro di Winckelmann è il fatto che il suo è stato il primo tentativo di storicizzare l’arte etrusca, cosa che prima di allora non era mai stata fatta. Un altro merito di Winckelmann è di aver portato all’attenzione europea l’arte etrusca, grazie alle sue pubblicazioni di rilievo internazionale.

Urnetta cineraria di produzione chiusina. Il rilievo raffigura il duello fratricida tra Eteocle e Polinice, episodio del mito dei Sette contro Tebe
Urnetta cineraria di produzione chiusina. Il rilievo raffigura il duello fratricida tra Eteocle e Polinice, episodio del mito dei Sette contro Tebe

Purtroppo non riuscì a compiere tutti i viaggi che aveva preventivato in terra d’Etruria e non approfondì lo studio di Arringatore e Chimera che pure aveva sottomano a Firenze, ma riuscì a imporre un approccio nuovo allo studio delle opere d’arte etrusca, un approccio di tipo storico e non più antiquario come invece veniva fatto ancora alla metà del XVIII secolo. Per questo, dato che applicò questo metodo di tipo storico allo studio di tutta l’arte antica, non solo etrusca, è considerato il padre dell’Archeologia.

Winckelmann, Firenze e gli Etruschi

La mostra in corso al MAF, “Winckelmann, Firenze e gli Etruschi. Il padre dell’archeologia in Toscana” si presenta come l’esordio delle celebrazioni europee per il giubileo Winckelmaniano.
2016-05-30 16.18.07Nel 2017 ricorrerà infatti il trecentesimo anniversario della nascita, mentre nel 2018 il duecentocinquantesimo della morte; oltre alla mostra, sempre nell’ambito delle celebrazioni, a Firenze si terrà anche un convegno dedicato al tema, che avrà luogo nel gennaio 2017.
Tra 1758 e 1759 Winckelmann soggiornò alcuni anni nel capoluogo toscano, per studiare le gemme di produzione etrusca ed approfondire la sua conoscenza dell’antico in Italia, dedicando anche un capitolo della sua opera principale (la Storia delle arti e del disegno presso gli antichi) proprio agli Etruschi.

Lo studio del pittore A. Zoffany
Lo studio del pittore A. Zoffany

La mostra, articolata in tre parti, si approccia al tema da diverse angolazioni. La prima sezione è mirata ad inquadrare l’ambiente culturale fiorentino negli anni del soggiorno dello studioso tedesco, il mondo del collezionismo e degli studi sull’antichità, documentati dall’esposizione di dipinti e volumi dell’epoca come da realia, reperti etruschi già facenti parte delle collezioni medicee o comunque noti all’epoca.

Stele di Larth Ninie, nota dal XVI sec. e collocata nel cortile di Casa Buonarroti
Stele di Larth Ninie, nota dal XVI sec. e collocata nel cortile di Casa Buonarroti

La seconda sezione approfondisce più da vicino la figura di J.J. Winckelmann, entrando nello specifico dei suoi interessi e dei suoi studi fiorentini, in particolare la catalogazione della collezione di gemme del barone von Stosch, di cui sono esposti i calchi.

Le gemme della collezione von Stosch (calchi)
Le gemme della collezione von Stosch (calchi)

Chiude la mostra la sezione dedicata all’eredità culturale lasciata da Winckelmann e, più in generale, allo stile neoclassico che nel periodo della Restaurazione investì anche il Granducato. In una delle ultime vetrine è esposto anche il famoso taccuino di appunti dello studioso risalente al periodo trascorso a Firenze; il cosiddetto “Manoscritto fiorentino” su carta pergamena che comprende anche alcune pagine di schizzi sulle proporzioni del corpo umano.

Il taccuino di appunti di Winckelmann
Il taccuino di appunti di Winckelmann

Una curiosità in questa sezione sono anche le porcellane policrome di manifattura napoletana che riproducono lo stile della ceramica antica a figure rosse, che venivano chiamate appunto “all’etrusca”.

20160530_160606Ad introdurre i visitatori all’ingresso della mostra, con il suo nobile gesto, è il ben noto Arringatore, che, dopo il tour statunitense della mostra Power and Pathos, ha ritrovato proprio nel Salone del Nicchio la sua collocazione all’interno del Museo.

Schedati nel catalogo ma non presenti in mostra sono anche la Chimera e l’Idolino, che hanno mantenuto la loro consueta collocazione nelle sale del museo: un motivo in più, una volta terminata la mostra, per proseguire la visita fino al primo e al secondo piano!

La mostra è aperta, secondo l’orario del museo, da martedì a venerdì dalle 8.30 alle 19.00 (ultimo ingresso 18.15) e da sabato a lunedì dalle 8.30 alle 14 (ultimo ingresso 13.15).