Ippolito Rosellini, studioso per amore

In questo giorno nel 1843 morì a Pisa il padre dell’egittologia italiana, Ippolito Rosellini. Per noi al MAF è una figura speciale, perché è grazie a lui che oggi il nostro museo conserva ed espone una delle collezioni egizie più importanti al mondo. Fu proprio Rosellini a convincere il granduca di Toscana Leopoldo II di Lorena a finanziare la spedizione franco-toscana in Egitto e questo servì da sprone al re Carlo X di Francia per accordare lo stesso finanziamento a J-F. Champollion. Ma se già vi abbiamo parlato della famosa spedizione, oggi vorremo scoprire qualcosa di più dell’aspetto privato di Rosellini che tanto lo influenzò anche nei suoi studi.

Niccola Francesco Ippolito Baldassare Rosellini, questo infatti il suo nome completo, nasce il 13 agosto 1800 in una famiglia di commercianti originari di Pescia. Il padre destina subito il figlio primogenito a continuare la sua attività, ma vista l’attitudine allo studio del bambino, muta parere e ne affida l’educazione dapprima alla confraternita dei padri serviti a Pisa, e, al compiere dei 13 anni, a Firenze presso la SS. Annunziata. All’arrivo a Firenze viene affidato alle cure educative di Padre Costantino Battini, con cui instaura un rapporto filiale, arrivando a considerarlo un secondo padre.

Busto di Ippolito Rosellini al MAF.

È per amor suo, più che per amore della materia, che indirizza i suoi studi verso l’antico. Tra i 16 e i 17 anni ritorna a Pisa dove frequenta l’Università sempre sotto la guida del Battini, al quale si aggiunge il cavalier Bagnoli, che lo tengono al riparo dalla tentazione di partecipare alla tumultuosa scena politica italiana del periodo. Il 5 giugno 1821 ottiene la laurea in Teologia e gli viene assegnata, grazie alla raccomandazione del professor Bagnoli, una pensione, una moderna borsa di studio potremmo dire, per lo studio delle lingue orientali in modo da prepararsi alla nomina, quando fosse stato pronto, a professore presso l’Università di Pisa. Dopo aver completato i suoi studi a Bologna, sotto la guida del cardinal Mezzofanti, nel 1824 viene nominato professore di Lingue orientali. Mai momento fu più propizio: nello stesso anno Jean François Champollion aveva pubblicato il suo Resoconto del sistema geroglifico degli antichi Egizi, aprendo l’era dell’egittologia moderna. Rosellini, fresco di nomina e contrastato da qualche opposizione accademica, non può esimersi dall’entrare nel fervido dibattito che il volume scatena in tutta Europa: scrive una breve esposizione della teoria del francese sposandola appieno e da quel momento non pensa più che all’Egitto.

La sintesi di Rosellini che illustrava in italiano il sistema geroglifico di Champollion

Non appena Champollion, che aveva intrapreso un viaggio in Italia per studiare alcune collezioni egizie conservate nel nostro paese, giunge a Livorno, corre a presentarsi ed è allora che scocca la seconda scintilla. Champollion, di dieci anni più vecchio, apprezza l’intervento di Rosellini in suo favore e riconosce al pisano un animo leale e una viva intelligenza, una voglia di apprendere mai sazia che, unita ad una naturale modestia, fanno di lui l’allievo ideale.

jeune homme fort instruit et plein d’ardeur… excellent coeur et tête bien meublée, così Champollion descrive Rosellini al fratello, ammirando in quell’allievo che, ricordiamolo, era già professore, la capacità di rimettersi in gioco e tornare studente per amore della scienza.

Ritratto di Champollion eseguito in Egitto nel 1829 da G. Angelelli (Copertina interna Tributo di riconoscenza e d’amore)

E “allievo-professore” rimane anche nei confronti di Champollion …Fin da quando fummo insieme… facemmo tra noi uno scambio: io gli davo esercizi d’ebraico e ricevevo da lui con doppia usura l’insegnamento del copto… E’ tutto in queste parole del pisano il rapporto tra i due: complementare, ma sempre con quel riguardo alla maggiore esperienza da parte del più giovane Rosellini, che davvero non mancherà mai di esprimere a colui che sempre chiamerà Maestro, amore e riconoscenza.

Rosellini e Champollion aveano ambedue sortito dalla natura una inclinazione speciale allo studio delle cose egiziane, aveano pure ambedue un’anima franca, leale, generosa, quindi per quella segreta legge di natura, che lega le anime temprate all’unisono, e che si occupano dei medesimi studi, non eransi anche veduti e già erano amici.

(Biografia del professore Ippolito Rosellini scritta dal suo discepolo e amico D. Giuseppe Bardelli, Firenze 1843)


Spedizione letteraria franco-toscana, dipinto di Giuseppe Angelelli nel 1830, oggi al MAF.

Da quel momento non si lasciano più. Per i successivi quattro anni Rosellini segue Champollion in tutti i suoi viaggi di studio e in seguito si trasferisce a Parigi. Il loro rapporto muta e diviene paritario a livello scientifico e di fraterna amicizia tra i due uomini. Pur nelle mille insidie e difficoltà, dovute all’organizzazione di una spedizione al servizio di due diversi paesi, la loro mutua fiducia non viene mai meno. Progettano e compiono insieme la spedizione che li rende famosi per poi separarsi temporaneamente agli inizi del 1830, di ritorno dal viaggio in Egitto. Stabiliscono di comune accordo di pubblicare insieme i risultati della spedizione, ma una volta pubblicato il piano dell’opera, che comprendeva 10 volumi, Champollion muore, lasciando sulle spalle di Rosellini tutta la responsabilità di rendere pubbliche le loro scoperte. Il peso della pubblicazione è accompagnato dal profondo dolore per la perdita dell’amico.

Pur sappia il mondo che il dolor mio è pari all’amore e alla riconoscenza che di Te serbo nel petto; e sappia ancora che se i modi mi mancano per esprimerlo, colpa è dell’ingegno che a tanto non vale; ma non già del cuore, che tutta ne comprende la cagione e la forza.

(Tributo di riconoscenza e d’amore reso alla onorata memoria di G.F. Champollion il Minore da Ippolito Rosellini, Pisa 1834)

Due tavole, con reperti oggi conservati al MAF, dai Monumenti dell’Egitto e della Nubia di Rosellini.

Nonostante i continui attacchi da parte di Figeac Champollion, fratello maggiore del Decifratore, e di una parte degli studiosi italiani, Rosellini porta avanti l’immane lavoro e, volume dopo volume, prendono corpo I Monumenti dell’Egitto e della Nubia. La prematura morte di Rosellini interrompe l’opera all’ottavo volume: il nono, già pronto, verrà pubblicato postumo, mentre l’ultimo non vedrà mai la luce.

30 giugno 1816: inizia l’avventura archeologica di Belzoni

Esattamente duecento anni fa iniziava in questo giorno l’avventura archeologica di un appassionato viaggiatore, esperto di idraulica e studioso di arte antica: Giovan Battista Belzoni, ex monaco, commerciante di oggetti sacri, fenomeno da baraccone nei teatri inglesi e massone.

Belzoni ritratto nel frontespizio della sua opera (foto http://digital.library.mcgill.ca/writing_company/fullrecord.php?ID=10575)
Belzoni ritratto nel frontespizio della sua opera (foto http://digital.library.mcgill.ca/writing_company/fullrecord.php?ID=10575)

In Egitto era arrivato la prima volta in cerca di fortuna vendendo le sue competenze idrauliche per un nuovo programma agricolo; al Cairo conobbe la maestosità dell’arte egizia e ne rimase profondamente affascinato. Riuscì ad aggiudicarsi il lavoro di spostamento del grande busto di Ramesse II da Luxor alle acque del Nilo, dove avrebbe potuto essere imbarcato alla volta dell’Inghilterra con destinazione il British Museum. L’impresa di spostamento si concluse in soli quindici giorni, al termine dei quali Belzoni si avventurò più a sud in esplorazione delle rovine archeologiche, e compì scavi a Karnak e nella Valle dei Re.

Lo spostamento del busto di Ramesse II (foto http://www.albanyinstitute.org/details/items/plates-illustrative-of-the-researches-and-operations-of-g-belzon.html)
Lo spostamento del busto di Ramesse II (foto http://www.albanyinstitute.org/details/items/plates-illustrative-of-the-researches-and-operations-of-g-belzon.html)

Tornato al Cairo al termine del 1816 preparò subito un secondo viaggio per l’anno successivo. Il 18 ottobre 1817 scoprì la tomba di Seti I (1289-1279 a.C.), il padre di Ramesse II, decorata da splendidi rilievi policromi: di essi Belzoni fece realizzare tutti i calchi grafici con l’intenzione di realizzare in Inghilterra una ricostruzione della tomba. Quando però la tomba fu visitata nuovamente da una spedizione archeologica, quella guidata da Champollion e Rosellini, si decise per la brutale asportazione dei rilievi, parte dei quali sono oggi conservati al Louvre e al MAF.

Il pilastro della tomba d Seti I: la parte a sinistra è esposta al Museo Egizio di Firenze, quella a destra è invece al Louvre
Il pilastro della tomba d Seti I: la parte a sinistra è esposta al Museo Egizio di Firenze, quella a destra è invece al Louvre

Nel rilievo è raffigurata Hathor, dea madre e dell’amore, in atto di accogliere il defunto Seti; la dea, con gli attributi che la caratterizzano, il disco solare e le corna bovine, stringe la mano del faraone e gli porge una collana. Nella rappresentazione si possono notare i dettagli dell’abbigliamento del tempo, con i monili e gli abiti tessuti di stoffe leggere e trasparenti, così come le ampie parrucche che indossavano sia gli uomini che le donne.

Nel 1818 ripartì per un terzo viaggio in Egitto, accompagnato dal medico e disegnatore Alessandro Ricci, lo stesso che dieci anni dopo si accoderà al seguito di Rosellini e Champollion. Continuò poi a esplorare l’Africa e vi trovò la morte nel 1823, dopo essere stato accolto trionfalmente in Europa per le sue scoperte.

Infine, una curiosità. Per quanto forse non troppo nota, la figura di Belzoni è più legata di quanto si possa pensare all’archeologia così come l’immaginario comune ce la rappresenta: fu proprio l’avventuriero padovano, infatti, ad ispirare il regista e produttore G. Lucas per uno dei suoi più celebri personaggi…

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27 novembre 1829: si conclude la Missione archeologica franco-toscana in Egitto

Ippolito Rosellini non era uomo da farsi dire di no. Era pisano, innanzitutto, per cui testardo e tenace. Ed era un appassionato. Egittologo, aveva seguito con attenzione e ammirazione l’interpretazione del geroglifico, la scrittura egizia, da parte del giovane egittologo francese Jean-François Champollion.

Il ritratto di Ippolito Roseliini presso lo scalone all'ingresso del Museo Egizio di Firenze
Il ritratto di Ippolito Roseliini presso lo scalone all’ingresso del Museo Egizio di Firenze

I due si erano conosciuti, intorno al 1826, ed era nata un’amicizia fatta di collaborazione e di proficuo scambio di esperienze e di informazioni. Insieme visitano alcune collezioni egizie sparse per la penisola italiana e intanto prende corpo nel giovane studioso pisano, l’idea di una spedizione archeologica in Egitto.

Il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo accoglie con favore la proposta di Rosellini di finanziare una spedizione franco-toscana lungo il Nilo; Champollion per parte sua voleva visitare l’Egitto per sperimentare di persona la validità della sua interpretazione dei geroglifici, mentre Rosellini… beh, quale egittologo non sognerebbe di recarsi in Egitto?

La spedizione viene così progettata fin dal 1827: prevede che Rosellini sia messo a capo di una commissione toscana che affiancherà quella francese diretta da Champollion, con lo scopo di far eseguire i disegni dei monumenti egiziani sconosciuti o non ancora documentati e di eseguire degli scavi al fine di “arricchire i Musei dello Stato”.

La spedizione prende il via solo nell’anno successivo. Parte da Tolone nel luglio 1828 e sbarca ad Alessandria d’Egitto il 18 agosto 1828; dura 15 mesi, durante i quali i due egittologi con il loro gruppo di disegnatori, botanici, architetti, inservienti risale il Nilo toccando quelle che già all’epoca erano le principali tappe dell’archeologia egizia: Giza, Saqqara, Menfi, Tebe, Philae, la Nubia. In quei 15 mesi fu prodotta una messe infinita di documenti, tra note, copie di testi geroglifici, disegni, cui vanno a sommarsi ben 76 casse di oggetti antichi. Quanto a questi, l’accordo fra i due direttori della spedizione prevedeva che ciascuno avrebbe dovuto raccogliere materiale archeologico di pari valore e importanza: così avvenne che ad ogni ritrovamento veniva deciso a quale delle due missioni assegnare un oggetto o un corredo, cercando di mantenere equilibrio ed eguaglianza nelle assegnazioni. Questo comportò, ahimè, delle spartizioni che oggi possiamo tranquillamente definire obbrobriose; non solo i corredi furono smembrati, suddivisi tra il Louvre di Parigi e il futuro Museo Egizio di Firenze, ma anche i monumenti furono sezionati: il più eclatante di tutti è la tomba di Seti I nella Valle dei Re:

Il pilastro della tomba d Seti I: la parte a sinistra è esposta al Museo Egizio di Firenze, quella a destra è invece al Louvre
Il pilastro della tomba d Seti I: la parte a sinistra è esposta al Museo Egizio di Firenze, quella a destra è invece al Louvre

In totale Ippolito Rosellini riportò quasi 2000 reperti dall’Egitto. Tra i reperti più interessanti si annoverano il sarcofago in pietra del vizir Bakenrenef (oggi nella sala IX), il doppio sarcofago in legno della nutrice della figlia del faraone Taharqa completo del corredo (oggi nella sala VIII), il carro in legno, che fu rinvenuto smontato in una tomba della necropoli di Tebe e che oggi, finalmente, è stato attribuito a Kenamun, fratello del faraone Amenofi II Amenofi II (1424-1398 a.C.) (oggi nella sala III); e ancora il bassorilievo dipinto tagliato dalla tomba di Seti I, quello rappresentante la dea Maat (oggi entrambi nella sala V) e il bassorilievo degli scribi, proveniente dalla tomba del faraone Horembeb a Saqqara (oggi nella sala VII).

Il rilievo con la dea Maat simbolo del MEF
Il rilievo con la dea Maat simbolo del MEF

La spedizione, durata un anno e mezzo circa, fece ritorno nell’autunno del 1829. In particolare, la missione italiana sbarcò a Livorno il 27 novembre nel 1829. Rosellini già nel 1830 allestì una mostra presso l’Accademia di Arti e Mestieri di S.Caterina (in via Cavour) nella quale mostrava al pubblico i reperti recuperati in Egitto. È in questo momento e in questo luogo che può dirsi costituito il primo nucleo del futuro Museo Egizio di Firenze.

Documento ufficiale della spedizione franco-toscana in Egitto rimane, all’ingresso del Museo Egizio di Firenze, il grande dipinto, opera di Giuseppe Angelelli: in esso, sullo sfondo di una grandiosa, imponente, ma al tempo stesso romantica Luxor, si sistemano i protagonisti di questa avventura in terra d’Egitto: in piedi, col mantello bianco e la barba rossa, è Ippolito Rosellini; accanto a lui, seduto con la scimitarra, è Jean-François Champollion; tra gli altri personaggi è degno di menzione il povero Alessandro Ricci, medico e disegnatore di Siena, che è ritratto di spalle col calcagno scoperto, in quanto era stato punto da uno scorpione. Proprio in conseguenza di questa ferita morì dopo il rientro in patria. Davanti ai due protagonisti del dipinto sono raggruppati alcuni reperti egizi. Tra di essi spicca uno specchio nella sua custodia, facilmente riconoscibile in quello del corredo della nutrice della figlia del faraone Taharqa (esposto tutt’oggi nella sala VIII).

La spedizione franco-toscana in Egitto, Giuseppe Angelelli, Firenze Museo Egizio
La spedizione franco-toscana in Egitto, Giuseppe Angelelli, Firenze Museo Egizio

È grazie a Ippolito Rosellini, alla sua tenace determinazione e alla sua volontà se la missione franco-toscana in Egitto fu organizzata. Il 27 novembre 1829 segna la conclusione della spedizione in Egitto, e l’inizio del futuro Museo Egizio di Firenze.