Il “padre dell’archeologia” torna a Firenze

Un personaggio insolito e stravagante, questo bibliotecario tedesco del Settecento che si faceva ritrarre col turbante: nonostante le modeste origini (era figlio di un calzolaio), John Johachim Winckelmann ebbe modo di studiare e formarsi nel campo della storia dell’arte; pubblicò, pochi anni prima di morire, la “Storia delle arti del disegno presso gli antichi” e a lui dobbiamo il merito di aver fatto uscire l’archeologia da quel complesso indistinto di informazioni e nozioni sugli usi e tradizioni degli antichi (l’antiquaria, appunto) che dall’Umanesimo in poi aveva costituito l’unico modo di approcciarsi al passato.

Winckelmann in un ritratto del 1768
Winckelmann in un ritratto del 1768

Per primo Winckelmann esaminò l’arte della Grecia antica con una impostazione storica, tracciando una evoluzione degli stili secondo una parabola: dallo stile antico, al sublime, al bello, allo stile della decadenza. Egli inoltre pensò di mettere in relazione le opere antiche con le notizie delle fonti storiche, che gli permisero di impostare una impalcatura cronologica in cui collocare le opere da attribuire ai diversi artisti.

Il frontespizio della prima edizione dell'opera di Winckelmann
Il frontespizio della prima edizione dell’opera di Winckelmann

Dal 1758 al 1759 Winckelmann visse a Firenze, dove sperava avrebbe perfezionato la sua conoscenza del mondo etrusco e completato la sua opera. L’ambiente intellettuale fiorentino non si dimostrò tuttavia molto aperto nei confronti di questo personaggio eccezionale e non gli fu facile visitare i musei della città, né tantomeno giunse a quelli di Cortona o Volterra; la sua conoscenza dell’arte etrusca, cui è dedicato il terzo capitolo della “Storia delle arti”, pertanto, non fu approfondita. Nell’interpretazione di Winckelmann l’arte degli Etruschi non era comunque al livello di quella greca: non avrebbe raggiunto, infatti, il medesimo livello di “buon gusto” a causa dell’inclinazione innata della nazione alle passioni!

L'Arringatore, opera etrusca nota anche a Winckelmann
L’Arringatore, opera etrusca nota anche a Winckelmann

Winckelmann morì nel 1768, durante un viaggio di ritorno da Vienna a Roma, ucciso a tradimento in un albergo di Trieste. Motivo dell’uccisione furono forse le ricchezze ricevute in dono alla corte imperiale, o forse motivi politici.

Oggi il pregiudizio neoclassico all’ombra del quale Winkelmann operava è ampiamente superato: sappiamo che le statue nell’antichità erano colorate, e non candide come il marmo di cui sono fatte; sappiamo che lo stile si evolve ma non “decade”; distinguiamo le copie dagli originali e siamo in grado di attribuirle ai loro autori. Resta comunque allo studioso il grande merito di aver per primo storicizzato l’arte antica, ponendo le basi per lo sviluppo dell’archeologia come oggi la intendiamo.

L’Europa celebrerà, a partire dal prossimo anno e per tutto il 2018, il trecentenario della nascita di Winkelmann e i trecentocinquanta anni dalla sua morte, con una serie di eventi e mostre a tema. Il MAF aprirà, già dal prossimo 26 maggio, le celebrazioni con una mostra a lui dedicata, di cui presto vi faremo conoscere i dettagli, che resterà allestita fino al 2017.

 

Firenze, Musei Archeologici Nazionali: quattro Grandi Bronzi in tour

Se ci avete seguito nei post precedenti, e avete visitato in questo periodo il Museo Archeologico Nazionale di Firenze e la mostra “Potere e Pathos” a Palazzo Strozzi, sicuramente già sapete che quattro dei Grandi Bronzi del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, L’Arringatore, la Minerva di Arezzo, l’Idolino di Pesaro e la Testa di Cavallo Medici-Riccardi, attualmente non occupano più il loro posto nelle proprie sale, perché sono stati tra i protagonisti del percorso espositivo di “Potere e Pathos“. La mostra di Palazzo Strozzi è terminata da qualche settimana ormai (mentre la mostra “Piccoli Grandi Bronzi” al Museo Archeologico Nazionale di Firenze prosegue per tutta l’estate), ma i quattro Grandi Bronzi non rientreranno al MAF: andranno “in tour”, per così dire, al seguito di “Potere e Pathos”, che si trasferirà in America, al Paul Getty Museum e a seguire a Washington.

Arringatore, Minerva e Idolino, insieme alla Testa di Cavallo Medici-Riccardi, sono i Grandi Bronzi attualmente "in tour" con la mostra "Potere e Pathos"
Arringatore, Minerva e Idolino, insieme alla Testa di Cavallo Medici-Riccardi, sono i Grandi Bronzi attualmente “in tour” con la mostra “Potere e Pathos”

I quattro Grandi Bronzi non a caso sono definiti “Grandi”, sia per le dimensioni, in quanto si tratta di statue in bronzo a grandezza naturale o di poco minore del vero, sia per la loro importanza per la storia dell’arte antica e del collezionismo. Tutte le 4 statue appartennero infatti alla collezione di antichità della famiglia Medici. L’Arringatore fu rinvenuto a metà del Cinquecento nei pressi del Lago Trasimeno. A grandezza naturale, rappresenta un uomo maturo, Aule Meteli, ritratto nell’atto del silentium manu facere, il gesto con cui i personaggi politici della Roma Repubblicana prendevano la parola prima di un’orazione pubblica. È da questo gesto che la statua prende il nome di Arringatore. Non solo il gesto, ma anche l’abbigliamento, ovvero la toga praetexta (con i bordi decorati) e i calzari (di tipo “senatorio”) connotano il nostro personaggio come un cittadino romano, anche se etrusco di nascita, come rivela l’iscrizione, in lingua etrusca, posta sul bordo della toga. La statua, degli inizi del I secolo a.C., rappresenta proprio il momento della romanizzazione, non solo culturale, sociale e politica, dell’Etruria, ma anche artistica.

Anche la Minerva d’Arezzo fu rinvenuta casualmente a metà del Cinquecento e subito fu portata a Firenze dove Cosimo I de’ Medici la volle nello Scriptoio Calliope a Palazzo Vecchio. È di dimensioni più piccole del vero, indossa un lungo peplo, sul petto porta l’egida col gorgoneion, ovvero la testa mozzata di Medusa, e ai piedi calza sandali infradito. La storia di questa statua è intimamente legata al suo restauro poiché, rinvenuta senza braccio destro, nel 1785 questo le fu integrato dallo scultore Francesco Carradori. Il restauro condotto recentemente dal Centro di Restauro della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana ha privilegiato però l’aspetto originale della Minerva, togliendo il braccio del Carradori non prima, però, di aver realizzato un calco della statua con l’intervento settecentesco (il calco è esposto nell’area di approfondimento del Museo Archeologico Nazionale di Firenze).

La testa di cavallo Medici-Riccardi nel suo allestimento a Palazzo Strozzi
La testa di cavallo Medici-Riccardi nel suo allestimento a Palazzo Strozzi

E proprio un restauro recentissimo ha permesso di scoprire che la Testa di Cavallo Medici-Riccardi, originale greco della seconda metà del IV secolo a.C., in origine era dorata e apparteneva ad un gruppo scultoreo formato da cavallo piuttosto agitato e cavaliere che ne trattiene le briglie con una mano, mentre con l’altra brandisce la spada, probabilmente nell’impeto della battaglia. La testa, che in età rinascimentale era utilizzata come bocca di fontana nel giardino di Palazzo Medici-Riccardi, fu studiata e copiata da Donatello il quale la utilizzò come modello per le sue sculture equestri, come la Protome Carafa del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

L’Idolino di Pesaro, infine, rappresenta un fanciullo nudo, stante, realizzato nel I secolo d.C.. Quando fu rinvenuto, a Pesaro nel 1530, reggeva in mano dei tralci di vite, per cui fu subito interpretato come un Dioniso/bacco e fu realizzata appositamente un’elaborata base decorata a tema dionisiaco, con tralci di vite e pannelli raffiguranti scene del mito. In realtà la statua era un “lampadario”, un reggi-lucerne: il tralcio di vite che teneva in mano era infatti l’appoggio per la lucerna con la quale illuminava il triclinium della domus della famiglia senatoria di Pesaro all’interno della quale la statua fu rinvenuta.

18/2/1743: le collezioni dei Medici si legano per sempre a Firenze

Se Firenze ha potuto mantenere sino ad oggi intatto il patrimonio di opere d’arte accumulato nei secoli, a partire dalle collezioni di Lorenzo il Magnifico, lo deve all’ultima discendente della famiglia Medici, Anna Maria Luisa, morta il 18 febbraio del 1743.

La statua dell'Elettrice posta dietro le Cappelle Medicee (photo credit http://curiositadifirenze.blogspot.it)
La statua dell’Elettrice posta dietro le Cappelle Medicee (photo credit http://curiositadifirenze.blogspot.it)

Ed è soltanto grazie alla lungimirante volontà di questa principessa se la Chimera è ancora l’opera n. 1 del Museo Archeologico, e se l’Arringatore, la Minerva, la testa di cavallo Medici e l’Idolino sono ancora insieme nelle sale del Palazzo della Crocetta.

I grandi bronzi appartenuti alle collezioni medicee
I grandi bronzi appartenuti alle collezioni medicee

Anna Maria Luisa era l’unica figlia del Granduca Cosimo III; nota come Elettrice Palatina, perché vedova di Giovanni Carlo Guglielmo, principe elettore del Palatinato, l’ultima Medici lasciò per testamento tutte le collezioni della famiglia allo stato toscano, legandole indissolubilmente alla propria città d’origine, dove trascorse gli ultimi decenni della sua vita, dopo la morte del marito avvenuta nel 1716. Sebbene il padre Cosimo si fosse adoperato per far accettare in Europa la successione di una donna alla morte del suo ultimo erede maschio, il figlio Giangastone, Inghilterra, Francia, Austria e Paesi Bassi stabilirono che l’eredità sarebbe stata dell’Infante di Spagna Carlo, figlio di Filippo V. Nel 1737, quando Giangastone morì, Carlo, già padrone del regno di Napoli, fu indotto a cedere il titolo granducale della Toscana a favore del duca Francesco III Lorena; Anna Maria Luisa ereditò invece i beni mobili, le collezioni e i possedimenti della famiglia. Il 31 ottobre del 1737 la principessa stipulò con i nuovi padroni di Firenze il cosiddetto “patto di famiglia“, nel quale si stabiliva che, dopo la sua morte, niente delle collezioni potesse essere allontanato dalla città, dove doveva rimanere “per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri“.

Ritratto di Anna Maria Luisa Medici (photo credit http://www.toscanamedianews.it)
Ritratto di Anna Maria Luisa Medici (photo credit http://www.toscanamedianews.it)

Ma un altro dettaglio lega la storia delle collezioni archeologiche fiorentine e quella dell’Elettrice Palatina: quando Francesco III divenne successore nel Granducato vi inviò come governatore il proprio precettore, il principe di Craon.

La facciata del Palazzo della Crocetta rivolta verso il giardino
La facciata del Palazzo della Crocetta rivolta verso il giardino

E sapete quale fu la sede da lui prescelta per insediarsi in città? proprio il Palazzo della Crocetta, quello che, poco più di un secolo dopo, sarà scelto per ospitare il Museo Egizio ed il Museo Etrusco, e nelle cui sale ancora oggi si pavoneggia la Chimera!

Seduzione Etrusca: la nascita dell’Etruscologia moderna in mostra al MAEC di Cortona

locandinaSeduzioneEtruscaSeduzione etrusca. Dai segreti di Holkham Hall alle meraviglie del British Museum” – oltre 150 opere esposte tra reperti etruschi, dipinti, disegni, documenti antichi, oggetti d’epoca, manoscritti e volumi – è il grande evento espositivo internazionale che si terrà dal 22 marzo al 31 luglio 2014 a Cortona, al MAEC-Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona, in collaborazione con il British Museum e Halkam Hall, con il sostegno della Regione Toscana e l’apporto di tanti musei italiani che hanno prestato opere uniche e, in particolare, della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana.

Dal momento della loro riscoperta nel corso del Rinascimento, gli Etruschi suscitarono un grande fascino presso eruditi e antiquari. Nella Firenze dei Medici, addirittura, l’antico e glorioso passato etrusco veniva riletto e celebrato in chiave politica e ideologica. Nel Settecento, una nuova ondata di passione per gli Etruschi arrivò da Oltremanica: fondamentale fu la pubblicazione a Firenze, finanziata da Lord Thomas Coke, costruttore di Holkham Hall e dal 1744 I conte di Leicester, del De Etruria Regali libri VII di Thomas Dempster: stampato nel 1726, esso fu il primo libro a stampa completato da un corredo iconografico delle principali opere etrusche in Italia. Da qui in avanti molti studiosi e appassionati inglesi vennero in Italia sulle orme degli Etruschi, percorrendo in Toscana alcune delle tappe del Grand Tour.

Quasi 300 anni più tardi, il ritrovamento dei disegni originali e delle lastre di rame incise per il De Etruria in un corridoio d’attico di Holkham Hall, e la recentissima scoperta di nuovi documenti sulla sua pubblicazione, forniscono l’occasione per questa mostra, che rievoca quel clima, descrive i legami tra il mondo anglosassone e l’Italia tra ‘700 e ‘800, indaga la seduzione degli Etruschi in Gran Bretagna e il gusto all’etrusca, presenta insieme per la prima volta al pubblico alcuni “capolavori simbolo” di quell’antico popolo, come l’Arringatore del Museo Archeologico Nazionale di Firenze e il Putto Graziani, accanto ai disegni originali del De Etruria e i reperti etruschi confluiti nelle raccolte del British Museum di Londra in tre secoli di collezionismo, contese e acquisizioni.

A Cortona è stata dunque temporaneamente trasferita la statua dell’Arringatore: insieme alla Chimera (della quale in mostra sarà esposta la copia, mentre l’originale resta a Firenze) si tratta di una delle opere più note dell’arte etrusca, e una di quelle che maggiormente esercitò il suo fascino su eruditi e appassionati d’antichità. La statua, in bronzo, raffigura un uomo maturo vestito “alla romana”, con la toga e i calzari propri dei senatori, mentre compie il gesto del “silentium manu facere“: braccio alzato portato in avanti, a chiedere il silenzio della folla per poter prendere la parola. Da qui deriva il nome di Arringatore: dobbiamo immaginare infatti quest’uomo, un personaggio importante per la sua comunità, davanti alla folla dei suoi concittadini, mentre si accinge a parlare ad essa. Siamo ormai sul finire dell’epoca etrusca, anzi, ci troviamo in un centro Italia (la statua fu rinvenuta a metà del ‘500 vicino a Perugia o sul Lago Trasimeno: non vi è accordo tra le fonti) ormai completamente romanizzato, per lo meno per quanto riguarda l’organizzazione politica e amministrativa, ma ancora etrusco per lingua e tradizioni: lungo l’orlo inferiore della toga, infatti, è presente un’iscrizione, fatta incidere dalla comunità locale che dedicò questa statua onoraria al suo illustre concittadino; l’iscrizione è in lingua e caratteri etruschi, e ci riporta il nome del personaggio: Aule Meteli, cittadino romano nato etrusco.

arringatore_dettagli

La statua è datata a fine II/inizi I secolo a.C. e a livello stilistico rivela dei dettagli che abbiamo potuto osservare molto bene da vicino proprio pochi giorni fa, quando l’Arringatore è stato prelevato dalla sua sala al Museo Archeologico Nazionale di Firenze per essere portato a Cortona: ad esempio le rughe del volto, sulla fronte e intorno agli occhi, che conferiscono ad Aule Meteli un’espressione severa e austera; i capelli pettinati a ciocche aderenti alla testa, prive di una loro volumetria; la fascia della tunica dipinta in rosso, esempio più unico che raro di statua in bronzo dipinta; il dettaglio della cucitura della toga stessa.

Anche in mostra a Cortona l’Arringatore è posizionato accanto alla Chimera, in un allestimento che vuole rievocare la collezione fiorentina di capolavori etruschi che i disegnatori inglesi venivano appositamente a documentare a Firenze. In mostra sarà esposta, tra gli altri oggetti prestati dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze, anche la situla di Plikasna, rinvenuta nel 1700 a Chiusi: una sorta di secchiello in lamina d’argento placcata in oro e decorata con con due fregi le cui scene sono realizzate a cesello e bulino, che reca il nome dell’antico proprietario etrusco, Plikasnas, che la possedeva verso la metà del VII secolo a.C.

La sala con Arringatore e Chimera (copia) nella mostra "Seduzione Etrusca". Foto: @MAEC_Cortona
La sala con Arringatore e Chimera (copia) nella mostra “Seduzione Etrusca”. Foto: @MAEC_Cortona

Firenze, Museo Archeologico Nazionale: un museo, tanti percorsi

English version at the bottom

Chi entra all’archeologico di Firenze ha l’opportunità di visitare contemporaneamente due musei diversi: l’Egizio e l’Archeologico, infatti, fin dall’Ottocento condividono la medesima sede all’interno del palazzo della Crocetta. Il museo, inoltre, spesso ospita mostre tematiche che vanno ad occupare spazi appositamente dedicati all’interno della struttura.

Dopo aver attraversato l’ingresso su piazza SS. Annunziata, i visitatori vengono subito accolti dall’ampio Salone del Nicchio, dedicato alle esposizioni temporanee, attualmente sede della mostra “Archeologia in Oriente”.

Oltrepassato il salone si accede agli spazi dell’ex Museo Topografico dell’Etruria, restaurati negli anni Ottanta. Il percorso si snoda al di sotto di un ballatoio, fiancheggiato dalle arcate di sostegno del Corridoio Mediceo, che collega la struttura con la vicina chiesa della SS. Annunziata. Anche questo spazio è destinato agli allestimenti temporanei ed attualmente è sede della mostra “Signori di Maremma”.

Al termine del lungo corridoio si accede, attraverso le scale, ai due piani di esposizione del palazzo della Crocetta. Al primo piano la prima sezione che si incontra è quella etrusca. Qui sono raccolti i più importanti pezzi delle antiche collezioni medicee e lorenesi, come i grandi bronzi (la Minerva, la Chimera e l’Arringatore) e la scultura funeraria etrusca in pietra. Un ballatoio suddivide la sezione etrusca dal Museo Egizio, le cui sale si snodano seguendo un ordine cronologico. Da segnalare sono il carro in legno da Tebe e le ultime due sale, recentemente riallestite, dedicate alle epoche tolemaica e copta, al termine delle quali il percorso si conclude ad anello nelle prime sale etrusche.

IMG_20130517_133231
Il carro egizio nella sua sede espositiva
Il ritratto del Fayum esposto nella nuova sala copta
Il ritratto del Fayum esposto nella nuova sala copta

Al momento il percorso è deviato a causa del rinnovamento della prima sala del Museo Egizio.

Dal primo piano è possibile anche accedere al Monetiere, che espone parte della collezione numismatica del museo (accesso da martedì a venerdì dalle 15.30 alle 16.30, solo su prenotazione) ed al Corridoio Mediceo, in cui è attualmente esposta una selezione di medaglie romane. Il corridoio, che termina con l’affaccio all’interno della chiesa della SS. Annunziata, è visitabile soltanto in occasione di eventi particolari.

Uno scorcio del Corridoio Mediceo visto dai locali dell'ex Museo Topografico
Uno scorcio del Corridoio Mediceo visto dai locali dell’ex Museo Topografico
L'affaccio sull'interno di SS. Annunziata al termine del Corridoio Mediceo
L’affaccio sull’interno di SS. Annunziata al termine del Corridoio Mediceo

Al secondo piano del Museo si snodano invece diversi percorsi; dopo le prime sale in cui è esposta la ceramica etrusca si passa al settore magnogreco (segnaliamo il Sarcofago delle amazzoni) e Greco, che ospita, tra le principali produzioni ceramiche greche, anche il Vaso François. Il corridoio centrale accoglie i bronzi romani e una terza mostra temporanea, “Arte della Magna Grecia”, dedicata ai pezzi della collezione Colombo recentemente acquisiti dal Museo (fino a fine dicembre 2013).

Il Sarcofago delle Amazzoni
Il Sarcofago delle Amazzoni

One museum, many choices

Visitors getting to the Archaeological Museum of Florence have the possibility to see two different museums at the same time: the Egyptian and the Archaeological Museum, which found their place inside the beautiful  Crocetta Palace at the end of the XIXth century. Moreover, the Museum often hosts temporary exhibitions on various topics. The exhibitions are organized as follows. After entering from Piazza SS. Annunziata, visitors see the Great Nicchio Room, currently showing an exhibition on Near East Archaeology. The path continues through the former Etruria Topographical Museum, currently set on the topic of Etruscan aristocracy in the VIIth century b.C. This structure is flanked by the Medici Corridor, connecting the palace to the church of SS. Annunziata.

A staircase up and you shall be face to face with the most important bronze statues of antiquity, such as Minerva, Chimera and Arringatore (originally part of the collections of Medici and Lorena families). You also find at this floor the Egyptian Museum, set in chronological order from prehistory to Ptolemaic and Coptic Age, with pieces of uncommon beauty and rarity.

Work in progress in currently being done on the first room.

First floor also hosts the Monetiere, showing Medici collections of coins, visible from Tuesday to Friday with reservation, at 3.30 pm.  Medici Corridor then shows a collection of Roman medals; at its end it is possible to enter the passage to the church.

Another staircase takes you to the second floor, showing different topics, such as Etruscan pottery, Magna Grecia (and the Amazons Sarcophagus), and Greek collection (with the famous François Vase). The central corridor hosts Roman bronzes and a temporary exhibition on Art of the Magna Grecia (with recently acquired pieces), visible until the end of December 2013.

Join in the Archaeological Museum of Florence!