La formazione delle collezioni dei musei Archeologici di Firenze ha una storia molto lunga, che inizia con le collezioni di preziose antichità dei Medici, conservate inizialmente agli Uffizi, e prosegue fino alle spedizioni e agli scavi del secolo scorso. I due musei, quello egizio e quello delle antiche collezioni, seguono una storia pressoché parallela che si contestualizza in quel fenomeno di ampia portata che è la formazione dei musei come istituzioni statali nel XIX sec., legata alla formazione delle nazioni moderne.

Nell’età del Romanticismo, tra 1815 e 1848, si registra in Italia una evidente corrispondenza tra le clamorose scoperte archeologiche in Etruria (intere tombe a camera con i loro corredi, sia in Lazio che in Toscana) e l’ideologia politica risorgimentale: nella ricerca delle radici storiche nazionali le testimonianze della lingua e della cultura materiale etrusca sono intese come le prime testimonianze di italianità. Se da un lato, infatti, il sentimento nazionale si identificava naturalmente con la storia di Roma, dall’altro essa risultava fin troppo ecumenica e universale, accomunando tanti paesi e province diversi. Le origini del popolo italiano furono pertanto ricercate ancora prima di Roma, nelle popolazioni italiche, Etruschi in testa, come se fossero stati i primi veri unificatori della nazione.
In questo periodo il museo va a sostituire le collezioni private, raccolte di stranezze e mirabilia; a differenza di queste ultime organizza e classifica, in modo didascalico e storicizzato, ciò che espone, così da permettere al visitatore la comprensione degli oggetti.

Negli anni intorno all’unificazione d’Italia, e poi con lo spostamento della capitale a Firenze nel 1864, la necessità di riorganizzazione delle collezioni di antichità anche nella nostra città si fece sempre più pressante. Nel 1870 (nell’anniversario dell’unità, 17 marzo) Vittorio Emanuele II decreta dunque l’istituzione del museo etrusco con sede al Cenacolo del Fuligno, in via Faenza, dove già dal 1855 si trovava il museo egizio; alla fine del decennio si decise poi per una nuova sede, ancora più grande e adatta ad ospitare le collezioni, che nel 1881 furono spostate nel Palazzo della Crocetta.

Con il decreto del 28 febbraio 1889 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 100 del 26 aprile) Umberto I rinomina il museo etrusco Regio Museo Centrale della Civiltà Etrusca, mantenendogli accanto l’egizio, a fare da pendant al museo di Villa Giulia a Roma, istituito il 7 febbraio dello stesso anno, e come esso “destinato ad essere uno dei principali istituti di cultura archeologica”.

Neanche dieci anni dopo, nel 1897, sarà inaugurato il Museo Topografico voluto dal Milani, che illustrava in maniera sistematica la storia etrusca attraverso gli oggetti della cultura materiale e la ricostruzione accurata dei loro contesti di provenienza. Nell’introduzione alla guida del museo del 1898 Milani stesso fa riferimento al sangue che gli etruschi avrebbero dato tanto per la civiltà romana quanto per quella del Risorgimento toscano.

Il profondo legame tra la riscoperta della storia degli Etruschi e il neonato sentimento di unità nazionale in casa Savoia è nettamente percepibile anche nelle scelte di gusto intraprese dai reali per la decorazione della loro dimora. Il gabinetto di Carlo Alberto nel castello di Racconigi (1834) costituisce infatti un significativo esempio del gusto classicheggiante che, già dalla fine del secolo precedente, aveva popolato l’immaginario di pittori e decoratori con figure “all’etrusca”, tratte da quello che all’epoca era il principale veicolo delle iconografie classiche: i vasi attici figurati rinvenuti nelle tombe etrusche.

Così il popolo etrusco, celebrato come predecessore di quello italiano nei decenni finali dell’Ottocento dalle arti come dai versi di Carducci (la “prima gente” di Avanti, avanti, in Giambi ed Epodi), nello stesso periodo conosceva anche a Firenze la consacrazione ufficiale del suo tempio nel Palazzo della Crocetta, che ne conservava le tracce tangibili.