I kouroi Milani… prima di Milani!

Il 26 gennaio del 1854 nasceva a Verona il primo Direttore del Regio museo archeologico di Firenze, Luigi Adriano Milani. In occasione del compleanno di uno degli artefici dell’attuale Museo archeologico di Firenze vogliamo raccontarvi una storia poco nota, legata ai kouroi che ancora oggi portano il suo nome, attraverso le parole degli stessi protagonisti (qui e qui altri approfondimenti).

Luigi Adriano Milani seduto sulla base del tumulo di Casale Marittimo nel Giardino del Museo Archeologico di Firenze

Le due statue dette Apollo e Apollino furono legate indissolubilmente al nome di Luigi Adriano Milani da Antonio Minto, suo successore alla guida del museo, che gli attribuì il merito del riconoscimento dei due marmi greci e il conseguente acquisto dalla collezione di Fabrizio Briganti Bellini a Osimo. Ma come erano finite le due statue in questa collezione privata?

I due kouroi furono rinvenuti probabilmente tra il 1656 e il 1691, in un terreno poco fuori Osimo, di proprietà della mensa vescovile, in un’area popolata già dall’età del Ferro e nella quale si colloca anche una villa romana tardo-repubblicana. La loro prima apparizione risale al 1741, quando il giovane erudito Annibale degli Abbati Olivieri , andando a far visita all’amico monsignor Pompeo Compagnoni, vescovo di Osimo, le vide nella galleria che costeggiava il piacevole giardino del palazzo vescovile. Immediatamente pensò che fossero molto antiche, simili alle statue degli egizi per la rigida postura. Ripartì da Osimo, ma per molto tempo i due fanciulli rimasero impressi nella sua memoria tanto che quaranta anni dopo, quando ormai era un affermato studioso, volle cercar di scoprire qualcosa di più su quelle statue. Si risolse allora a chiederne notizia, e anche un disegno, a Luca Fanciulli, teologo e canonico della cattedrale osimana. Ricevendo la lettera dell’illustre studioso e mecenate pesarese al Fanciulli dovettero tremare le ginocchia. Di queste statue, infatti, non c’era traccia.

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L’Apollo Milani e il disegno inviato dal Fanciulli all’Olivieri

Pian piano il sacerdote indagò e ispezionò tutti i sotterranei e i nascondigli del palazzo vescovile fino a ritrovare i  …rottami di dette statue in un buco di stanza che si stentò ad aprire… e provvide dunque a ripulirle per la polvere e altre sozzure… . Non pago, cercò di capire come mai due statue così belle fossero finite lì. Scoprì, dunque, che venne in testa ad un canonico di farsene padrone; onde accordatosi col Vicario Capitolare di notte tempo le fe’ portar via, e perchè la cosa restasse più occulta, furon fatte passare per la Cattedrale poste sopra due barelle e avvolte con alcune coperte…ma poi sapendosi ch’erano state portate via, ne fu avanzato ricorso a Monsignor Tesoriere, il quale ordinò che si riportassero all’Episcopio nel solito sito, biasimando altamente il pensiero che fu detto avevasi di collocarle nell’atrio del Seminario. Il principale sospettato dello spostamento così rocambolesco è Stefano Bellini, all’epoca rettore del Seminario ospitato nel Palazzo Campana. L’iniziativa fu evidentemente giudicata sospetta e per prevenire altre intemperanze da parte del Bellini, che continuando ad aver la stessa sete (di farsene padrone), e godendo la grazia di Sua Eminenza gliene ha fatta più volte istanza per averle; ma neppure ha avuto il merito di sapere il sito dove stanno. A ben guardare la grazia di cui godeva presso il nuovo vescovo Guido Calcagnini non doveva essere così grande se il Vescovo fece portar via di là le dette statue senza far penetrare ad alcuno dove l’avesse poste costringendo anni dopo il Fanciulli ad una caccia al tesoro per ritrovarle.

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Fotomontaggio che riunisce l’Apollino con la sua testa, realizzato da M. Iozzo in collaborazione con F. Guerrini

Non furono spostamenti indolori: durante il primo tentativo di furto le statue letteralmente persero le teste! Quella dell’Apollo fu poi ricongiunta, mentre quella dell’Apollino, al quale erano state rotte anche le braccia, è rimasta nascosta fino in tempi recentissimi all’interno della collezione di famiglia dei Bellini. Il costernato Fanciulli scrive infatti all’Olivieri: Mi ricordo …benissimo d’averla veduta anni sono quando aveva la testa… ma adesso …manca la testa; e mi vien detto che fu portata via quando seguì il furto e fu fatta divenire acefala quando si dovette restituire insieme all’altra per ordine del Monsignor Tesoriere

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I due fratelli Bellini: a sinistra il vescovo Stefano, a destra Ubaldo

La spregiudicatezza dei due non sfugge al Fanciulli, che tiene a precisare che la statua fu fatta divenire acefala, insinuando dunque una rottura intenzionale, finalizzata all’impossessamento almeno della testa della statua. Passano ancora gli anni, ma Stefano Bellini e il fratello Ubaldo continuano a inseguire le due statue per la loro collezione. Per chiarire meglio l’attitudine familiare al collezionismo dei due fratelli sono eloquenti le parole di Augusto Vernarecci, canonico e studioso  locale, riguardo al patrimonio della città di Fossombrone: “… fu fatale pe’ monumenti forosempronesi che dal 1799 al 1808 fosse vescovo di Fossombrone mons. Stefano Bellini d’Osimo: giacchè il fratello di lui, Luigi (Ubaldo), appassionato antiquario, spinto a spadroneggiare, trasportò nel Museo di famiglia ciò che di meglio trovossi in quegli anni in Fossombrone” (A. Vernarecci, Fossombrone dai tempi antichissimi ai nostri).

Nel 1806 il cardinale Guido Calcagnini di fronte all’ennesima richiesta da parte dei due, per i quali il possesso delle statue non è se non vagheggiato, non posseduto chiede una relazione al conte Pietro Alethy sulle statue.

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Lettera del 4 ottobre 1806 con la relazione del conte Pietro Alethy

Il conte non usa mezzi termini: quanto a me io mi farei scrupolo di dar loro quello che non può esser nelle loro mani che per breve età; e che mutando poi di possessione, facilmente muterebbe luogo, e verrebbe a perdersi per Osimo. Auspica invece che le statue vengano donate alla città, della quale illustrano la storia e l’antichità.  La cessione è nuovamente bloccata e Ubaldo Bellini risponde piccato, minimizzando il valore delle sculture per la storia della città, ma quale valore riceverà la città nostra da un marmo ritrovato in una campagna, del quale ignoriamo perfino il soggetto rappresentato… e addiritura  il numero! Una e non due sono le statue; giacchè una di esse (l’Apollino) non può nominarsi tale, non essendo altro, che un frammento senza capo, senza braccia, e senza gambe.

Calcagnini resiste, non così il suo successore, il cardinale Castiglioni, che probabilmente nel 1808 cede le statue ai Bellini, che le trasferiscono nel palazzo di famiglia, di fronte al Vescovado. Nel 1901 i due kouroi si persero per Osimo: Luigi Adriano Milani, riconoscendo immediatamente l’antichità e il valore delle due statue, le acquistò dall’erede dei fratelli Bellini portandole a Firenze, realizzando così i timori espressi dal conte Alethy quasi un secolo prima.

I PROTAGONISTI

Annibale degli Abbati Olivieri (1708-1789): nobiluomo pesarese compì studi Bologna, Pisa e Urbino. I suoi interessi abbracciarono tutti i campi dell’antiquaria e i suoi scritti di archeologia e numismatica lo portarono ad avere un ruolo di primo piano tra gli eruditi del tempo. Scrupoloso studioso, fu anche mecenate della sua città natale Pesaro alla quale donò la sua ricchissima biblioteca e la sua collezione di antichità.

Luca Fanciulli (1728-1804): canonico e teologo della Cattedrale di Osimo. Studiò presso il seminario Campana dove in seguito insegnò teologia. Fu vicario generale del vescovo Compagnoni, del quale fu anche esecutore testamentario. Autore di numerosi scritti si interessò soprattutto delle memorie sacre e profane di Osimo.

Stefano Bellini (1740-1831): sacerdote, rettore del seminario Campana, in seguito vescovo di Fossombrone e Recanati, collezionista di antichità.

Ubaldo Bellini (1746-1842): sacerdote, fratello di Stefano, umanista e numismatico.

NB: tutti corsivi colorati sono tratti dalle missive, dalle opere e dai documenti d’archivio

Per approfondire:
M. Landolfi-G. de Marinis (a cura di), Kouroi Milani. Ritorno ad Osimo, Catalogo della mostra 25 novembre 2000-30 giugno 2001, Roma 2000.
M. Luni (a cura di), I Greci in Adriatico nell’età dei kouroi, Atti del convegno internazionale, Osimo-Urbino 30 giugno-2 luglio 2001, Urbino 2007
M. Luni-M. Cardone, I Kouroi Milani ad Osimo tra Seicento e Settecento, Rendiconti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, IX-4, 1998, pp. 669-706.

Il Kouros Milani in mostra a Torino

Apollo Milani, Firene, Museo Archeologico Nazionale
Apollo Milani, Firene, Museo Archeologico Nazionale

Il Kouros Milani negli scorsi giorni è partito per Torino, dove dal 5 marzo al 4 settembre sarà esposto in occasione della mostra “Il Nilo a Pompei. Visioni d’Egitto nel mondo romano” al Museo Egizio di Torino. La mostra di Torino vuole parlare al grande pubblico della diffusione della cultura egizia nelle civiltà del Mediterraneo, partendo dal Delta del Nilo, passando dall’isola greca Delo e approdando infine in Campania, dove si sofferma in particolare sui siti di Pozzuoli, Ercolano e, naturalmente, Pompei. Nella prima sezione della mostra, dedicata all’incontro con il mondo greco, si colloca il nostro kouros.

Il Kouros, detto anche Apollo Milani, statua in marmo di età greca arcaica (VI secolo a.C.), proviene insieme all’Apollino Milani, l’altro kouros del museo, esposto nella stessa sala al 2° piano del MAF, dalla Loc. Montetorto a Osimo (AN). Fu nelle Marche che Luigi Adriano Milani, il primo direttore del Regio Museo Archeologico di Firenze acquistò le due statue nel 1902 per la cifra di 3200 lire. Trovate le notizie sulla loro provenienza in questo post.

Il Kouros Milani rappresenta un giovane nudo, di grandezza leggermente superiore al vero, del quale però non si conserva la parte inferiore delle gambe. Il volto presenta i tratti tipici della scultura greca arcaica: occhi grandi allungati con le pupille incise, labbra col “sorriso arcaico”, che non esprime però uno stato d’animo, ma è il tentativo di rendere la tridimensionalità. L’acconciatura è estremamente curata: ha due file di riccioli sovrapposti sulla fronte, mentre sulle spalle ricadono dieci ciocche ondulate; inoltre indossa un diadema che un tempo doveva essere dorato. Ha spalle larghe, torace ampio, ma vita piuttosto stretta, caratteristica molto comune nelle statue maschili di età arcaica; la muscolatura dell’addome è delineata da nette solcature, mentre spalle e pettorali sono più morbidi. Probabilmente fu realizzata da uno scultore attico intorno al 550 a.C.

Dettagli: la capigliatura dell'Apollo Milani
Dettagli: la capigliatura dell’Apollo Milani

Rispetto all’Apollino Milani è più antica di circa 30 anni. 30 anni nei quali gli scultori prendono sempre più confidenza con la resa dell’anatomia umana. Nell’Apollino, di dimensioni minori del vero, la muscolatura non è più fortemente evidenziata, ma è resa ormai con un modellato sfumato. Anche l’Apollino non conserva le gambe al di sotto delle ginocchia, e inoltre ha perduto le braccia al di sotto delle spalle, e non ha la testa. Quest’ultima, però, è stata riconosciuta in una testa di kouros di collezione privata e in occasione di alcune mostre è stata occasionalmente ricongiunta (leggi qui).

L'Apollo e l'Apollino Milani nella loro sala dedicata alla scultura greca insieme alla statua del Leone Corsini
L’Apollo e l’Apollino Milani nella loro sala dedicata alla scultura greca insieme al leone funerario in marmo

I kouroi rappresentano giovani offerenti alle divinità. Inizialmente si riteneva che rappresentassero statue di divinità, Apollo in particolare; in realtà ciò si rivelò sbagliato perché i kouroi venivano offerti anche ad altre divinità del pantheon greco. Per questo i due kouroi fiorentini furono chiamati Apollo e Apollino. Il nome è comunque loro rimasto in quanto è diventato quasi un nome proprio, con il quale sono ormai conosciuti.

Firenze, Museo Archeologico Nazionale: l’Apollino Milani in mostra a Castel Sant’Angelo

Ha inaugurato il 20 maggio 2013 a Castel Sant’Angelo la mostra “Capolavori dell’Archeologia. Recuperi, ritrovamenti, confronti”. La mostra, concepita per mostrare al grande pubblico la fondamentale azione delle forze dell’ordine per la protezione dei beni artistici e archeologici italiani, attraverso l’esposizione di opere che negli anni sono state oggetto di recuperi e restituzioni al Patrimonio italiano, vuole al tempo stesso sensibilizzare i visitatori sull’importanza scientifica di ogni singolo ritrovamento archeologico, che per essere meglio apprezzato e studiato ha bisogno di essere contestualizzato, ma anche di confronti che possano aiutare gli studiosi a meglio comprendere l’opera.

A Castel Sant’Angelo sarà esposto in mostra anche l’Apollino Milani, prestato dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze. Questo piccolo kouros, statua in marmo di epoca greca arcaica, ha un’interessante storia da far conoscere. Ed è Mario Iozzo, direttore della sezione Greca del Museo Archeologico di Firenze, a raccontarcela.

L’Apollino Milani, insieme all’Apollo Milani, un kouros di dimensioni più grandi, che è esposto nella stessa sala del 2° piano del Museo, proviene, stando a recenti scoperte d’archivio, dalla località Monte Torto ad Osimo (AN). In effetti, fu proprio nelle Marche che Luigi Adriano Milani, primo direttore del Museo Archeologico fiorentino, acquistò i due kouroi, di cui si ha notizia dal ‘700; fino a poco tempo fa, però, si pensava che essi fossero entrati nella collezione di qualche facoltoso collezionista di antichità in seguito a scambi con l’Egeo, e non perché rinvenuti proprio nel terreno, come invece i documenti riscoperti recentemente farebbero intendere.

I due Kouroi Milani, l’Apollo in primo piano e l’Apollino in secondo piano, nella loro sala al 2° piano del Museo Archeologico Nazionale di Firenze

Questa scoperta fu fatta in occasione della mostra, “Kouroi Milani Ritorno ad Osimo”, tenutasi nel 2000. Nel frattempo, nuovi studi, oltre a rivelare le vere, o perlomeno presunte, modalità del ritrovamento, hanno restituito all’Apollino, acefalo, la sua testa originale, che già l’archeologo E. Paribeni aveva individuato a suo tempo nella collezione della famiglia Barberini di Osimo. Oggi quell’intuizione si è rivelata una certezza, e l’Apollino Milani, è stato esposto per la prima volta intero in occasione della mostra “La forza del del Bello” tenutasi a Mantova nel 2008.

Un fotomontaggio, realizzato da M.Iozzo in occasione del Convegno di Pisa "Scolpire il marmo. Importazioni, artisti itineranti, scuole artistiche nel Mediterraneo Antico"
Un fotomontaggio, realizzato da M.Iozzo in occasione del Convegno di Pisa “Scolpire il marmo. Importazioni, artisti itineranti, scuole artistiche nel Mediterraneo Antico

Nuovamente quest’anno, con la mostra “Capolavori ritrovati” di Castel Sant’Angelo, l’Apollino viene riunito alla sua testa, temporaneamente rimontata. Questa è stata anzi una condizione imprescindibile per il prestito dell’opera, che ormai, dato lo stato delle conoscenze, non può più essere presentata al pubblico delle mostre incompleta. Previa autorizzazione della Famiglia Barberini di Osimo, proprietaria della testa, e della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche, due restauratori, uno per la Soprintendenza archeologica toscana, l’altro per la Soprintendenza archeologica marchigiana, hanno valutato le modalità ottimali e reversibili di riattaccare la testa al suo corpo con sostanze particolari e reversibili che ne consentano il distacco al termine della mostra (5 novembre 2013) senza lasciare segni né sulla testa, che tornerà ad Osimo, né sul corpo, che tornerà a Firenze.

Ritrovare la testa dell’Apollino Milani ha consentito di chiarire la storia dell’intero kouros, di avere certezze sulla sua origine, sul suo scultore e sull’epoca della sua realizzazione: così oggi sappiamo che l’artista che scolpì il marmo è uno scultore dell’isola di Paros attivo intorno al 510 a.C.; uno scultore capace, in grado di realizzare un corpo dalla superficie così delicata da permettere alla luce di giocare sul marmo pario traslucido. A completare l’opera, la capigliatura ricercata a ciocchettine ondulate. L’Apollino Milani è un piccolo capolavoro. Con una grande storia da raccontare.

Archeodidattica, Archeopercezioni e Archeoscoperte: anticipazioni sul programma delle attività didattiche della SBAT

Settembre, ricomincia la scuola. E con la scuola ricominciano le attività didattiche nei musei. Anche quest’anno i Servizi Educativi della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana hanno approntato un ricco programma di attività didattiche destinate alle scuole di ogni ordine e grado: un programma che prevede sia “conferenze” in museo che visite guidate, che laboratori, nelle varie sedi museali statali della Toscana. Il programma verrà pubblicato sul sito del Provveditorato agli Studi della Regione Toscana sabato 20 settembre e a seguire pubblicizzato sul sito web dei Servizi Educativi della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana. Ma la presentazione ufficiale avverrà il 1 ottobre 2014, con l’evento “La palestra del sapere“, Giornata di presentazione dell’offerta didattica 2014-2015. In quell’occasione, di cui parleremo meglio nei prossimi post, sarà presentato il programma, che è stato studiato e architettato sulla base dell’esperienza maturata lo scorso anno scolastico, 2013-2014, quando furono lanciati, riscontrando una notevole risposta, i laboratori e le attività dell’Archeodidattica.

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Quest’anno l’offerta si amplia. É stato approntato, infatti, anche un programma di attività extrascolastiche, rivolte, a seconda delle circostanze, al pubblico adulto, ai bambini e alle famiglie: sono le Archeopercezioni e le Archeoscoperte. Anche di queste attività troverete il programma completo di queste attività sul sito web dei Servizi Educativi della SBAT, mentre per ora vi accenniamo solo alle iniziative principali… un assaggio, insomma, tanto per stuzzicare la vostra curiosità!

Dunque, Archeopercezioni e Archeoscoperte… Di cosa si tratta? Ve lo spieghiamo subito!

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Con il nome di Archeopercezioni intendiamo iniziative rivolte ad un’utenza ampliata, con particolare attenzione ai soggetti con disabilità sensoriale e cognitiva. Sulla scia delle Visite Tattili che si sono svolte durante la primavera 2014, si è deciso di rendere i Percorsi Multisensoriali un appuntamento fisso, che si svolgerà al Museo Archeologico Nazionale di Firenze il terzo sabato di ogni mese.

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Accanto alle Archeopercezioni i Servizi Educativi hanno stilato un programma di Archeoscoperte: si tratta di un calendario piuttosto ampio e variegato che va da particolari eventi organizzati per Giornate particolari, come le Giornate Europee del Patrimonio (quest’anno il 20-21 settembre) o la Giornata Nazionale delle Famiglie al Museo (quest’anno il 12 ottobre), ad appuntamenti fissi, da segnare in agenda. Per esempio, da novembre tutti i sabati i bambini (dai 5 ai 12 anni) potranno visitare il museo con lo Zaino dell’Archeologo, uno zainetto che potranno richiedere all’ingresso del Museo e all’interno del quale troveranno un kit utile per esplorare il museo divertendosi; sempre da novembre, il secondo sabato del mese, per il pubblico adulto è stato pensato “Luci ed ombre“, un percorso che accanto ad uno dei capolavori noti dei Musei Archeologici Nazionali di Firenze, illustrerà uno o più reperti esposti non altrettanto noti e che però potranno rivelare tantissime sorprese…

Una poltrona al museo: evento per le Giornate Europee del Patrimonio, 20.09.2014
Una poltrona al museo: evento per le Giornate Europee del Patrimonio, 20.09.2014

Per quanto riguarda invece gli eventi in Giornate particolari, vi segnaliamo intanto l’attività che si svolgerà ai Musei Archeologici Nazionali di Firenze sabato 20 settembre al mattino (ore 9.30 e 11.30) in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio: “Una poltrona al museo”: i visitatori che si saranno prenotati (tel. 3351449237) saranno accolti dal personale del museo nell’area conferenze, dopodiché saranno invitati a seguire un percorso attraverso le sale del museo che tocchi i capolavori conservati al MAF: i grandi bronzi al primo piano (Minerva e Chimera), il vaso François, i kouroi Milani e la testa di cavallo Medici Riccardi al secondo piano. Sarà fornita una cartellina contenente l’elenco delle opere, la loro localizzazione nelle sale e spazi vuoti per annotazioni o disegni. I visitatori saranno invitati a proseguire la visita da soli soffermandosi a contemplare le opere, davanti alle quali saranno predisposte apposite postazioni per sedersi, dieci minuti per ciascuna opera. Per la visita sarà data un’ora di tempo, allo scadere della quale i visitatori si ritroveranno nell’area conferenze dove saranno invitati a condividere la propria esperienza, con la guida dell’operatore che risponderà a domande, inviterà alla riflessione sul significato dei capolavori e ne illustrerà la storia attraverso i secoli.

Se già durante lo scorso anno scolastico vi abbiamo dato conto dell’Archeodidattica attraverso i nostri canali social, quest’anno a maggior ragione vi aggiorneremo costantemente: il sistema social della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana ha aderito su twitter e su Pinterest a #museumschool, un’iniziativa che vuole mettere in rete i musei italiani che dedicano alle iniziative di didattica museale ampia parte della loro attività.

Per ora è tutto. Vi abbiamo stuzzicato la curiosità? 😉

Le collezioni del MAF in villa: il museo di Villa Corsini a Castello

Questo post è dedicato alle collezioni archeologiche fiorentine “esuli” fuori dalle mura del MAF, ma che idealmente costituiscono un tutt’uno con gli inquilini del Palazzo della Crocetta…

La grande ampiezza e varietà delle collezioni del Museo Archeologico di Firenze, raccolte nel complesso del Palazzo degli Innocenti e Palazzo della Crocetta, tutto lascia pensare meno che manchi qualcosa della complessa eredità che il passato e le grandi famiglie che hanno governato la città hanno lasciato a Firenze. Eppure c’è una grande assente nelle sale piene di ceramica, ori e bronzi antichi: un’assente che poi è forse, ironicamente, anche la prima a balzare alla mente quando si pensa ad un museo di arte antica: la statuaria in marmo e in pietra!

Apollo - foto http://www.piccoligrandimusei.it/blog/portfolio_page/villa-corsini-a-castello/
Apollo – foto http://www.piccoligrandimusei.it/blog/portfolio_page/villa-corsini-a-castello/

Le sculture antiche, in realtà, non sono una lacuna nelle raccolte archeologiche del museo; semplicemente, la storia delle collezioni, degli allestimenti e i capricci dell’Arno hanno fatto sì che oggi esse siano distaccate dal resto dei reperti, conservate in parte nella Galleria degli Uffizi e in parte nel Museo di Villa Corsini a Castello, un piccolo gioiello non solo per ciò che contiene, ma anche per l’architettura dell’edificio e del giardino che lo completa.

La facciata della villa - foto http://www.piccoligrandimusei.it/blog/portfolio_page/villa-corsini-a-castello/
La facciata della villa – foto http://www.piccoligrandimusei.it/blog/portfolio_page/villa-corsini-a-castello/

Villa Corsini, sulle pendici delle colline che circondano Firenze, appartiene, con la Villa Reale, la Petraia (entrambe a Castello) e la Villa di Careggi, al circuito “cittadino” delle ville medicee di Firenze. Qui furono trasferite le sculture che l’Alluvione del ’66 aveva costretto a eliminare dall’allestimento interno al MAF. Dopo una prima sistemazione nel giardino del Palazzo della Crocetta (voluta da L. Adriano Milani agli inizi del XIX secolo), infatti, le sculture furono ricollocate all’interno del Palazzo degli Innocenti in occasione della creazione del Museo Topografico dell’Etruria, in parte a causa della riduzione degli spazi del giardino, in parte per garantirne una migliore conservazione. Sebbene l’allestimento en-plein-air fosse di grande suggestione e richiamasse quello degli antichi horti, i giardini delle ville dei patrizi romani, l’usura degli agenti atmosferici aveva infatti danneggiato i reperti.

Le statue collocate nel giardino
Le statue collocate nel giardino

Nel 1949 le sculture più importanti erano esposte nel salone al piano terreno del Palazzo degli Innocenti. Dopo il disastro dell’Alluvione, negli anni Ottanta, in occasione dei lavori per la ristrutturazione dell’ex museo topografico e per la creazione dei depositi del museo fu deciso il loro trasferimento (eccetto che per i due kouroi, ancora oggi esposti infatti nelle nostre sale) nei depositi della villa che era stata la dimora di Filippo Corsini, consigliere del Granduca Cosimo III, passata nel frattempo nelle proprietà dello Stato.

Il salone delle feste - foto http://www.piccoligrandimusei.it/blog/portfolio_page/villa-corsini-a-castello/
Il salone delle feste – foto   Al

La villa, con la sua elegante facciata tardo barocca dall’inconfondibile colore rosato, finita di ristrutturare completamente nel 2010, si articola in un cortile, da cui si accede al Salone delle Feste, affacciato sul giardino, magnificamente affrescato e animato dalle sculture più significative della collezione, e in un primo piano, che ospita oggi l’allestimento dei reperti antichi provenienti dalla piana fiorentina e della città etrusca di Gonfienti.

Niobide - foto http://www.piccoligrandimusei.it/blog/portfolio_page/villa-corsini-a-castello/
Niobide – foto http://www.piccoligrandimusei.it/blog/portfolio_page/villa-corsini-a-castello/

Il Museo di Villa Corsini fa parte, come il MAF, del Polo Museale della Toscana; si trova in via della Petraia, 38 a Firenze, ed è visitabile gratuitamente, con visite accompagnate ad ogni ora, con il seguente orario:

Da aprile a settembre:
1°-3° venerdì e tutti i sabati di ogni mese dalle ore 14:00 alle ore 18:00
2^ e 4^ domenica di ogni mese dalle ore 9:00 alle ore 14:00

Da  ottobre a marzo:
2^ e 4^ domenica di ogni mese dalle ore 9:00 alle ore 14:00
Poiché quest’anno la quarta domenica del mese, 25 dicembre 2016, coincide con il S. Natale, la Villa sarà aperta al pubblico la seconda e la terza domenica: 11 e 18  dicembre 2016.

Tel.: 055 450752