Due vicoli stretti e piuttosto bui alle spalle del centro più lussuoso e turistico di Firenze, vicinissimi a piazza della Repubblica: ecco cosa sono oggi via delle Terme e via di Capaccio. Eppure sono luoghi in cui ricercare la storia più antica della città, soprattutto nel giorno in cui si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua.

Il cittadino che nel I sec. d.C., infatti, avesse voluto recarsi alle terme per curare la propria igiene personale o per incontrare amici e parlare di affari, sarebbe arrivato proprio in questo punto di Florentia, dove l’acquedotto proveniente dai rilievi a nord ovest della città terminava la sua corsa (il caput acquae, appunto, di cui è rimasta traccia ancora nel termine Capaccio). In questa zona gli scavi condotti nell’immediato dopoguerra a seguito delle distruzioni nell’area del Ponte Vecchio misero in luce un settore delle terme edificate intorno ai primi decenni del II secolo d.C., con pavimenti a mosaico e in opus sectile ed elementi di decorazione architettonica e statuaria; l’area era già precedentemente urbanizzata, come dimostrano alcuni pavimenti in cementizio rinvenuti al di sotto delle strutture di II secolo.

Florentia era dotata di altri due grandi edifici termali pubblici: uno nella zona del foro, dove sorgeva anche il Capitolium (il tempio di Giove, Giunone e Minerva che contraddistingueva tutte le città romane), che in età adrianea arrivò a coprire un’area complessiva di 2400 mq, e uno sotto Piazza della Signoria, sempre di età adrianea, che costituiva il corpo centrale di un più articolato complesso che prevedeva anche una fullonica (impianto per la tintura delle stoffe) e una grande latrina.

Resti di un altri edifici termali, più piccoli e forse probabilmente privati, sono stati rinvenuti sotto la torre della Pagliazza, dietro via de’ Calzaioli, e presso la porta contra Aquilonem (nell’area del Battistero). Ma come era fatto un edificio termale?
Indipendentemente dalla pianta dell’edificio, che in età imperiale è per lo più assiale e simmetrica, le terme non potevano prescindere dai loro tre ambienti principali: il calidarium, il tepidarium e il frigidarium; spesso c’era anche una stanzetta riscaldata da un braciere e destinata ai bagni di sudore, il laconicum. Le stanze corrispondevano a tre momenti diversi all’interno del percorso termale: il bagno nelle vasche di acqua calda, il passaggio in un ambiente riscaldato di transizione, e infine la grande piscina di acqua fredda, all’aperto.

Il sistema di riscaldamenteo, chiamato ipocausto, era perfettamente funzionale: gli ambienti caldi avevano un pavimento sopraelevato su colonnine (le suspensurae) sotto il quale correva aria calda, proveviente da un’imbocattura (paefurnium) alimentata continuamente a legna. Anche le pareti erano riscaldate con un sistema simile: un’intercapedine tra il muro e l’intonaco consentiva infatti la circolazione dell’aria calda proveniente da sotto il pavimento.

Più gli edifici erano estesi, maggiore era il numero delle stanze accessorie, destinate ai massaggi, alle depilazioni, alle saune. Alle terme si recavano sia uomini che donne (divisi in momenti diversi del giorno, se l’edificio non aveva una distinzione interna tra parte maschile e parte femminile), appartenenti a qualunque ceto sociale: l’ingresso ai bagni pubblici era gratuito o al massimo poteva costare un prezzo simbolico, meno di una pagnotta o di un litro di vino. I cittadini si recavano alle terme non solo per lavarsi, ma anche per fare sport (molto in voga era il gioco con la palla) o studiare nelle biblioteche che spesso sorgevano come annessi degli edifici.

Proprio vicino alle terme centrali di Florentia, sotto l’odierno edificio dell’ex Gambrinus, si trovava anche un’altro importante monumento legato all’approvvigionamento idrico della città: un pozzo sotterraneo lungo 12 metri e largo 2,30, a cui si accedeva scendendo una scala in pietra con diciannove gradini. Al suo interno fu ritrovata una stele a bassorilievo di una divinità fluviale, probabilmente proprio la personificazione del Fiume Arno le cui acque davano alimento perenne al pozzo.