Tra le molte figure femminili che popolano il nostro Museo, abbiamo scelto le Amazzoni per celebrare questo 8 marzo. Donne, senza dubbio, che hanno avuto nell’immaginario greco un ruolo da protagoniste, di volta in volta temute, disprezzate, desiderate.

All’interno di una società che oggi possiamo definire certamente e profondamente maschilista (basti pensare al fatto che la donna non era considerata soggetto di diritti legali, ed era quindi sottoposta alla tutela di un uomo per tutta la sua vita), le Amazzoni costituiscono uno degli esempi più fulgidi della rappresentazione del diverso.

I Greci descrivono le Amazzoni come una società esclusivamente femminile di donne guerriere, indipendenti, libere e autogestite. Un’interpretazione etimologica del nome, ancora dubbia in realtà e non confermata dalle rappresentazioni iconografiche, fa riferimento al fatto che si amputassero o bruciassero ancora bambine il seno destro, per poter meglio tendere l’arco e rafforzare la muscolatura del braccio armato. Quel che è certo è che facevano della lotta a cavallo il loro punto di forza in battaglia, tanto è vero che nel linguaggio comune ancora oggi un’amazzone è una provetta cavallerizza.

Le fonti, da Omero a Strabone, passando per Esiodo e Eschilo, le collocano variamente nelle aree intorno al Mar Nero dal Caucaso alla penisola anatolica, sicuramente in un luogo ai confini della civiltà, che rispecchia le caratteristiche delle Amazzoni che sono il contrario di tutto quello che una donna greca “per bene” doveva essere. Proprio per questo molti eroi si trovano a fronteggiarle, e in queste battaglie i greci rivedevano le proprie, riconoscendo il loro sforzo civilizzatore nei confronti degli altri, dei diversi, degli stranieri: in una parola dei barbari, portatori invece del caos.
Alcune tra le più famose regine delle Amazzoni affrontano i più grandi eroi greci, in scontri che stanno in bilico tra l’odio e l’amore.

La nona delle dodici fatiche di Eracle impone all’eroe di conquistare il cinto della regina Ippolita. Teseo accompagna Eracle in questa avventura e entrambi conquistano, secondo alcune fonti con la violenza, secondo altre con l’amore, due regine delle Amazzoni: Ippolita e Antiope. Eracle finisce con l’uccidere Ippolita, convinto che lei stia tradendo la promessa fatta di consegnargli la cintura, mentre Teseo porta Antiope a Atene ed ha da lei un figlio, chiamato Ippolito, cui Euripide dedicò una tragedia.

Il più iconico duello, però, resta quello di Achille e Pentesilea, che combattono nei due schieramenti opposti nella guerra di Troia. Pentesilea combatte coperta da un’armatura e grazie al suo valore risolleva momentaneamente le sorti dei Troiani e per questo viene sfidata da Achille. Durante il duello Achille non conosce l’identità del suo avversario e solo nel momento del colpo mortale incrocia gli occhi di Pentesilea e se ne innamora, scoprendo solo in quel momento di aver combattuto contro la regina delle Amazzoni. In virtù del suo amore, Achille restituisce ai Troiani il corpo di Pentesilea perchè possano darle degna sepoltura.
Chiudiamo questa galoppata (è proprio il caso di dirlo!) tra le Amazzoni con una curiosità: le Amazzoni, al pari di tutte le altre figure femminili, umane e animali, sono rappresentate sui vasi attici sempre con il tipico incarnato bianco, dovuto al confino in ambienti chiusi, cui le donne normalmente erano sottoposte, a riprova del fatto che, nonostante tutte le loro aberrazioni e le loro pretese di libertà, sempre donne rimangono agli occhi dei pittori ateniesi.