
Tjesraperet, chi era costei?
Siamo in Egitto, a Tebe, il 20 maggio 1829, durante la Spedizione archeologica franco-toscana in Egitto, che vide affiancati un’équipe di studiosi italiani, al seguito dell’egittologo pisano Ippolito Rosellini, e un’équipe di francesi, con a capo Jean-François Champollion, l’egittologo passato alla storia per aver decifrato per primo i geroglifici.
“Dopo pranzo Abu-Sakkarah venne ad avvertirci che gli scavatori avevano trovato una tomba intatta” scrive Rosellini nel suo Giornale, e continua, raccontando la sua discesa nella tomba: “La bocca dello scavo era ancora chiusa; scesi nel pozzo mentre l’aprivano (…) Non poteva scendersi che incomodissimamente puntando cioè spalle e braccia alle pareti, mentre, secondo il solito, cadevano sempre giù sassi e terra (…). La polvere, il caldo, e l’orrore del luogo, toglievano il respiro.“
La tomba appena scoperta è quella di Tjesraperet, nutrice della figlia del faraone Taharqa, XXV dinastia. Il ritrovamento è eccezionale, perché la tomba è intatta, inviolata, e restituisce un corredo unico per la qualità e la tipologia dei manufatti. Fin da subito Rosellini fa eseguire un disegno dei principali oggetti del corredo, che appartengono al mondo femminile della cosmesi e della cura della persona: uno specchio all’interno della sua custodia e un vasetto da kohl col suo bastoncino.

A Firenze sono esposti il sarcofago esterno e quello interno della nutrice, in legno dipinto, una parte di un secondo coperchio di sarcofago, lo specchio nella sua custodia, e il vasetto per il kohl col suo bastoncino. Nel racconto che Rosellini fa della scoperta, però, l’elenco degli oggetti rinvenuti è molto più ampio. Una parte di essi infatti si trova a Parigi, al Louvre. Com’è possibile?
Come vi abbiamo raccontato in un altro post, la spedizione archeologica in Egitto che ha portato alla formazione della collezione del nostro Museo Egizio, fu condotta in comune da Ippolito Rosellini per il Granducato di Toscana e da Jean-François Champollion per la Francia negli anni 1828-1829. I due egittologi si spartirono, alla fine della missione, reperti e interi corredi in modo che ciascuno riportasse in patria materiale archeologico di pari valore e importanza, senza tenere troppo conto di preservare i contesti: una pratica, questa, che ha complicato non poco i tentativi degli studiosi successivi di ricostruire i corredi delle tombe che i due egittologi scavarono insieme. Il momento della suddivisione degli oggetti è ben illustrato dal dipinto che accoglie i visitatori all’ingresso del nostro museo egizio: in esso, Rosellini e Champollion stanno osservando un mucchio di materiali egizi posti davanti a loro. E non è un caso che tra gli oggetti rappresentati ci sia proprio lo specchio di Tjesraperet.

Lo specchio ha il disco in bronzo dorato, un’elegante immanicatura in legno sagomato decorata con due chiodi di legno e lamina dorata; è ancora custodito all’interno di un astuccio in legno della sua stessa forma, imbottito con un pezzo di tessuto, a protezione del disco di bronzo.
Il sarcofago di Tjesraperet, in legno dipinto, è mummiforme, riprende cioè la forma della mummia; la testa ha la parrucca, decorata con la spoglia di avvoltoio e l’immagine della dea Neftis. Sul petto, sotto l’ampio pettorale è rappresentata la dea Nut, con le braccia/ali spiegate a proteggere la defunta. La parte delle gambe è coperta da fitte iscrizioni intervallate dalle figure di 12 divinità protettrici; al centro è dipinta la mummia di Tjesraperet, stesa sul letto funerario, sulla quale volteggia l’anima Ba, a forma di uccello con testa umana, mentre al di sotto del letto si trovano i 4 vasi canopi. Il sarcofago è posto all’interno di un sarcofago più grande, in legno, a cassa rettangolare con il coperchio a volta e quattro pilastri agli angoli, anch’esso fittamente decorato.

Chi era esattamente Tjesraperet? La nutrice della figlia del faraone Taharqa apparteneva ad una classe sociale elevata, legata all’ambiente di corte. Definita “Signora della Casa” (il titolo con cui erano indicate tutte le donne, per il loro ruolo di responsabilità nella conduzione della vita domestica e nella gestione della casa), era sepolta insieme a Djedthtotefankh, probabilmente il marito, che apparteneva invece al clero tebano del quale al Museo di Firenze è esposta la stele funeraria, mentre è andato perduto il sarcofago esterno.