Martedì prossimo, 8 marzo, Festa della Donna, per iniziativa ministeriale l’ingresso al museo sarà gratuito per tutte le visitatrici. Un motivo in più per esplorarlo, dunque, o tornare a vederlo scegliendo magari un percorso tematico come quello incentrato sulle signore del MAF già suggerito in passato.

Ma anche, se preferite, una rinnovata occasione per gettare un ponte con l’antichità, e sentirla più vicina al nostro quotidiano, spiando, attraverso quelle fantastiche finestre sul passato che per noi sono le illustrazioni sulla ceramica attica a figure nere e rosse, come si svolgeva la vita di tutti i giorni per una donna nella città di Atene.
Dalle pitture sui vasi a figure nere salta facilmente agli occhi, per esempio, come l’incarnato della donna sia sempre sovradipinto in bianco: il candore della pelle contraddistingueva chi, infatti, trascorreva le ore della giornata al riparo dagli agenti atmosferici, in casa, al contrario degli uomini, scuriti dai raggi solari nel lavoro all’aperto (quando non in battaglia). Candide sono le donne, come quelle che trasportano hydriai colme d’acqua sulla testa:
candide sono le dee, come Afrodite, Atena ed Era che tentano maliziosamente di influenzare il giudizio di Paride:
e candide sono persino le cavalle, riconoscibili dal pelo chiaro che spicca in una quadriga di cavalli neri:
La donna ad Atene, buona moglie e madre di famiglia, era esclusa dalla partecipazione alla vita politica come dai conviti e il suo ruolo si limitava alla conduzione della casa, alle attività della tessitura e filatura e alla cura dei figli piccoli.

Non tutte le donne, però, erano di necessità mogli, madri e benestanti tanto da potersi permettere una vita oziosa nelle loro stanze in compagnia delle ancelle. Anche nell’antica Atene c’era chi usciva dagli schemi e viveva in una dimensione altra rispetto a quella della famiglia e del matrimonio: le etere, per esempio, aggraziate e istruite fanciulle cui era riservato il compito di allietare i simposi degli uomini con la musica e la danza, o le prostitute, che potevano esercitare il loro mestiere in maniera legale, per quanto sottoposte a un rigido giudizio morale.

Ma ancora più strabilianti e destabilizzanti dovevano apparire figure mitiche come le Amazzoni o le Menadi.

Mentre le prime “rubavano” all’uomo la principale delle sue prerogative, in quanto popolo di donne guerriere in grado di battersi valorosamente contro nemici maschi, le seconde, parte del seguito di Dioniso, seguivano il dio cantando e danzando vorticosamente inebriate dal vino.

Quale, tra tutte, fosse la donna ideale per l’uomo greco era ben chiaro già al poeta Semonide di Amorgo, che nel VII sec. a.C., nella Satira delle Donne, paragona ad un diverso animale ogni carattere femminile, dal più degradato fino all’ultimo, il migliore:
Un’altra (il dio) la fece dall’ape; quando la trova uno è fortunato;
a lei sola non si accompagna biasimo,
fiorisce grazie a lei, e prospera la casa,
invecchia amata con l’amato marito,
la prole è bella e ammirata.
[…]E non si compiace a sedere con le donne
quando fanno discorsi d’amore e di letto.
Tali donne graziosamente dona agli uomini
Zeus: esse sono le migliori e le più sagge.
Che siate dunque saggi doni di Zeus, conturbanti etere, scatenate menadi o coraggiose amazzoni, signore, il MAF l’8 marzo vi attende numerose!
Con l’occasione ricordiamo anche che la domenica precedente l’8 marzo l’ingresso, come di consueto tutte le prime domeniche del mese, sarà gratuito per tutti.