Moltissimi siti internet hanno, oramai, una pagina dedicata alle Frequently Asked Questions: uno strumento che mette l’utente in grado di risolvere da solo le questioni più basilari, e di orientarsi con faciltà nella navigazione. Perché allora non dotare di uno strumento simile anche il nostro blog? Archeotoscana nasce anche per migliorare l’interazione tra il museo e il suo pubblico, e gli assistenti alla vigilanza sono i primi ad entrare in contatto con i visitatori e conoscere le loro più frequenti curiosità. Ecco dunque un primo prontuario per affrontare la visita!
Ma qual è l’origine degli Etruschi?
Nessun “mistero”, ma una storia affascinante e complessa che fin dall’antichità ha interessato gli storici e, in assenza di fonti dirette, continua a far discutere gli studiosi. Oramai è appurato il legame della lingua etrusca con quella parlata a Lemno, probabilmente riconducibile ad un’originaria presenza di genti “etrusche” nell’Egeo settentrionale e non imparentata con quella greca. Una ipotesi possibile ad oggi è dunque l’infiltrazione, nell’età del Bronzo Finale, di gruppi etnici di origine egea nell’Italia centrale, dove si sarebbero integrati e mescolati con le genti locali, dando origine alla civiltà villanoviana e successivamente a quella etrusca.
Cos’è il bucchero?
Il bucchero è la ceramica di colore nero prodotta dagli Etruschi; è nero sia l’impasto che la superficie, che si presenta lucida e compatta. Il colore non è ottenuto con la pittura ma grazie ad un particolare procedimento di cottura in assenza di ossigeno, che impedisce le trasformazioni chimiche di ossidazione che fanno assumere la tipica colorazione aranciata ai minerali di ferro contenuti nell’argilla. L’aspetto e la forma dei vasi di bucchero sono molto simili a quelli dei più costosi vasi metallici, di cui costituivano una sorta di surrogato. Il nome deriva dal termine spagnolo bucaro, che designava una ceramica di colore nero di produzione sudamericana importata nel XVII sec., molto simile alle ceramiche etrusche.
Perché il vaso François si chiama così?
Il vaso François, un cratere di produzione ateniese datato al 570 a.C., deve il nome a quello del suo scopritore, l’archeologo fiorentino Alessandro François. Il cratere proviene da una sepoltura nella necropoli etrusca di Fonte Rotella vicino a Chiusi, dove fu ritrovato in frammenti negli anni attorno alla metà dell’ottocento, e apparteneva all’aristocratico etrusco proprietario della tomba. Il vaso è celebre per le ragguardevoli dimensioni e la complessità del ciclo decorativo, oltre che per la sua peculiare storia, fatta di diversi restauri, all’interno del Museo di Firenze. Lo stesso Alessandro François ha lasciato il suo nome anche ad una celebre tomba scavata nella roccia a Vulci, di cui si sono conservate le pitture con i fatti relativi alla storia più arcaica di Roma.
Approfondimenti sul vaso François: 9/9/1900: il vaso François e il “sacrilego custode”; Il grande giorno del vaso François; The François Vase: New Perspectives
Perché ci sono tutti questi vasi greci a Firenze?
Buona parte della ceramica di produzione attica e corinzia appartenente alle collezioni del Museo non proviene direttamente dalla Grecia, bensì dagli scavi effettuati in Etruria. Le ricche tombe etrusche esibivano infatti come beni di prestigio indicanti il rango del defunto i vasi importati dalle officine ateniesi e corinzie, che venivano utilizzati durante i banchetti (coppe, crateri, brocche) come nelle operazioni di toeletta (contenitori per essenze ed olio profumato).
Cosa ci fanno a Firenze tutti questi reperti egizi?
Il nucleo più consistente delle collezioni egizie del Museo si formò durante la spedizione italo francese in Egitto degli anni 1828-1829, guidata da J.-F. Champollion (colui che decifrò la Stele di Rosetta e di conseguenza i geroglifici) e I. Rosellini, egittologo pisano e suo discepolo. Il ricordo della spedizione è immortalato dal dipinto di G. Angelelli del 1830, esposto all’inizio della sezione egizia del museo, in cui si vedono i due archeologi con tutto il loro seguito, sullo sfondo delle rovine del tempio di Karnak. Al termine della spedizione i reperti recuperati furono divisi tra il Louvre ed il museo fiorentino.
Il carro egizio è una ricostruzione?
Uno dei pezzi più importanti nelle collezioni del museo è il carro egizio: non si tratta di una ricostruzione, bensì di un carro originale proveniente da una tomba di Tebe datata circa 1500 anni prima di Cristo. Qui fu deposto smontato assieme al suo proprietario, e il legno con cui è costruito si è conservato grazie al clima secco dell’Egitto. Il carro, che vediamo oggi rimontato con alcune parti di restauro, presenta tracce d’uso, che provano che il proprietario se ne servì per la guerra o la caccia.
Non ci sono sculture romane nel Museo?
Buona parte delle sculture antiche appartenute alle collezioni medicee è ancora oggi conservata agli Uffizi; delle sculture romane che invece erano collocate nel Museo Archeologico di Firenze oggi, a parte le teste ritratto in bronzo e qualche frammento di statua marmorea in giardino, non resta niente. All’inizio del Novecento esse erano sistemate in giardino, sotto le arcate che sostengono il corridoio mediceo (oggi inglobate all’interno del museo). Tolte dal giardino per ragioni conservative, oggi si trovano nel museo di Villa Corsini a Castello.
Perché ci sono dei tumuli in giardino?
Il giardino del Museo, detto “ameno” è uno dei giardini storici dei palazzi medicei fiorentini. Quando il direttore del Museo L. A. Milani decise l’allestimento dei materiali provenienti dagli scavi in Etruria al piano terreno, pensò di allestire l’esterno del palazzo mostrando i luoghi di provenienza della maggior parte dei reperti conservati all’interno. Furono così ricostruiti diversi esempi di tombe etrusche, a tumulo, scavate nella roccia, a dado, a pozzetto e i semplici sarcofagi, in una sorta di museo en-plein-air ancora oggi di gradevolissima fruizione. Alcune tombe furono letteralmente smontate nelle necropoli di provenienza (in luoghi spesso difficili da raggiungere e all’epoca afflitti dalla malaria) e rimontate a Firenze; altre furono invece ricostruite ex-novo, come la tomba Inghirami di Volterra.
Approfondimenti sul giardino: Fra archeologia e rose: il giardino del MAF; Il giardino, il giardiniere e i giardinieri; Una giornata da dimenticare per il giardino del MAF.