Festa della donna: le signore del Museo Archeologico di Firenze

mimosa3L’8 marzo è la celebrazione della Giornata internazionale della donna: fra mimose, piccoli pensieri e uscite con le amiche, forse non tutti sanno che le origini di questa festa, fortemente politiche, sono da ricercare nei movimenti di liberazione della donna e di rivendicazione del diritto di voto. Il dibattito che portò all’istituzione della ricorrenza risale agli inizi del Novecento: il primo Women’s Day fu celebrato negli USA il 23 febbraio 1909 e, per molti decenni, la data fu variabile, fino al secondo Dopoguerra, quando si impose l’8 marzo. Diversamente da quanto riporta un’opinione comunemente diffusa, questo giorno non corrisponde ad un terribile incendio sviluppatosi in una fabbrica tessile e in cui persero la vita molte operaie, ma è legata alla Rivoluzione Russa: l’8 marzo 1917 furono una serie di manifestazioni guidate da donne ad incoraggiare la rivolta.

Ma come vivevano le donne nell’antichità?

Nel mondo antico, le vite degli uomini e delle donne scorrevano su binari paralleli e profondamente diversi: mentre i primi passavano la maggior parte del proprio tempo fuori casa, negli spazi pubblici della città, dedicandosi ad attività di natura politica o commerciale, e intessendo una rete di relazioni sociali con i loro pari, fatta di dialogo e di momenti di condivisione come il simposio, il teatro, l’esercizio fisico nel ginnasio, l’orizzonte delle donne era generalmente limitato dalle mura domestiche. Il loro destino era il matrimonio, la procreazione di figli legittimi, la cura della famiglia e della casa. Le loro giornate erano scandite dal monotono danzare del fuso appeso alla conocchia e dallo schioccare secco del telaio: i suoni della filatura e della tessitura.

Certo, c’erano molte sfumature nelle diverse culture e nelle diverse epoche storiche… Proviamo a guardare negli occhi le signore del Museo Archeologico di Firenze e a scoprire i loro segreti!

Statuetta di serva che macina il grano
Statuetta di serva che macina il grano

Nell’Egitto faraonico, le donne di elevato rango sociale godevano di uno status quasi paritario rispetto all’uomo: potevano ricevere un’educazione ed imparare a leggere e a scrivere, potevano ricoprire cariche pubbliche e incarichi sacerdotali, possedere terreni, comparire in giudizio ed essere punite come gli uomini… In alcuni casi, anche se rari, le consorti dei faraoni potevano arrivare a influenzare le scelte politiche dei sovrani, o addirittura a gestire direttamente il potere, come avvenne alla carismatica Hatshepsut, e forse anche alla bella e pensosa regina di cui possiamo ammirare il busto nella sala III della sezione egizia: tanta è l’aura emanata dall’espressione ferma e nobile del suo volto incorniciato dalla pesante parrucca, da essere stata soprannominata “la Dama di Firenze“… Certo, molto diversa doveva essere la situazione delle serve e delle schiave, che due statuette della sala I ci mostrano intente a macinare il grano e a preparare la birra.

Il ritratto del Fayum esposto nella nuova sala copta
Il ritratto del Fayyum

Proseguendo nella visita, si arriva alla parte dedicata all’Egitto di epoca romana: fra le opere esposte, in fondo alla sala occhieggia un’altra delle nostre signore. Si tratta di un bellissimo ritratto su legno, che si inquadra nell’ambito dei cosiddetti “ritratti del Fayyum“, nome che deriva dall’area geografica, ad ovest del Nilo, da dove proviene la maggior parte di essi, caratterizzati da una esecuzione fresca e da un vivace realismo. Si tratta di testimonianze molto preziose, perchè fra le poche sopravvissute della pittura antica: un’arte che, realizzata spesso su supporti deperibili, non si è conservata se non in rare e fortunate condizioni!

Sarcofago di Larthia Seianti, da Chiusi

Le fonti letterarie greche narrano scandalizzate come le donne etrusche potessero banchettare sdraiate sui letti tricliniari con i loro mariti, e addirittura bere vino in queste occasioni: chissà cosa avrebbe risposto loro Larthia Seianti, che possiamo vedere effigiata sul coperchio del suo sarcofago in terracotta dalla esuberante policromia. Le ricche vesti di cui è abbigliata, l’elegante velo che le copre la testa, la profusione di collane, bracciali, orecchini e anelli, lo specchio che tiene in mano… Tutto questo ci fa supporre che questa ricca signora di Chiusi non avrebbe ceduto volentieri i privilegi di cui poteva godere: le donne etrusche, infatti, potevano possedere beni e gestire il proprio patrimonio, assistere agli spettacoli, comparire come testimoni nelle cause legali.

Kylix attica a figure rosse: donne che preparano la lana
Kylix attica a figure rosse: donne che preparano la lana

Nettamente diversa la situazione delle donne in Grecia: ad Atene, le figlie dei cittadini passavano direttamente con il matrimonio dalla tutela del padre a quella del marito, non avevano alcun diritto e trascorrevano il loro tempo nel gineceo, una parte dell’abitazione che non era accessibile dagli estranei. Le uniche occasioni in cui potevano uscire, e mai da sole, erano matrimoni, funerali ed altre ricorrenze religiose. Le occupazioni principali erano la filatura e la tessitura, e in queste attività ce le mostrano intente, ad esempio, i vasi attici a figure rosse.

Ritratto in bronzo di Faustina maggiore

Infine, possiamo osservare un ritratto in bronzo di Faustina Maggiore, moglie dell’imperatore Antonino Pio. A Roma, se da una parte l’ideale femminile era ancora, come in Grecia, la moglie devota e la madre esemplare, in realtà fin dalla tarda repubblica (I sec. a.C.) e ancora di più durante l’epoca imperiale, emergono figure di donne libere, carismatiche e capaci di influenzare anche la vita pubblica.

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