La enorme ricchezza delle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Firenze consente, a chi le visiti la prima volta come a chi vi faccia ritorno, di avventurarsi attraverso molteplici itinerari. L’itinerario -virtuale- qui proposto focalizza l’attenzione sulle sculture rappresentanti leoni, di cui il Museo può vantare ben quattro esemplari.
Il primo in cui il visitatore si imbatte, al piano terreno del Museo, è il leone funerario proveniente dalla necropoli di Valvidone, presso Bolsena. La maestosa scultura in pietra, databile nel corso del IV sec. a.C., rappresenta l’animale ruggente, con le fauci spalancate e una folta criniera a fiammelle. Posto su un alto basamento circolare, il felino aveva la funzione di difendere la tomba ed il suo contenuto da eventuali predatori e malintenzionati.

Un altro leone etrusco, dalla analoga funzione, è quello realizzato in nenfro, un tufo scuro caratteristico della zona di Tuscania da cui la scultura proviene, che si trova nella sala X al primo piano del Museo. Il leone, accucciato sulle zampe posteriori e con una grande bocca spalancata, in questo caso è alato: una connotazione fantastica che lo identifica immediatamente come essere appartenente alla sfera ultramondana. La scultura è più antica della precedente e si data al VI sec. a.C.

Sempre al primo piano, nella sala XIV, si trova poi il più famoso dei leoni del MAF: la Chimera. Mostro a tre teste, insieme serpente, capra e leone, capace di sputare fuoco dalle fauci, la Chimera è generalmente rappresentata come un leone con una testa di capra che spunta dal dorso e coda a forma di serpente. Il famoso bronzo di Arezzo, originariamente un dono votivo per il dio Tinia, rappresenta l’animale in posizione di difesa, già ferito dalle armi di Perseo, l’eroe greco che ne decreterà la morte. Come il leone di Valvidone, anche la Chimera si data al IV sec. a.C.

Infine, nella sezione greca collocata al secondo piano del museo, si incontra l’ultimo leone. Di nuovo una scultura funeraria, ma di provenienza greca stavolta, ed in marmo. Noto fin dal Cinquecento e approdato al Museo nel 1880/81, anche questo leone in origine doveva proteggere un sepolcro. La sua posizione doveva essere leggermente diversa rispetto a quella conferitagli dal supporto moderno, facendo apparire l’animale pronto allo scatto verso ogni eventuale aggressore. L’opera, databile al V sec. a.C., è uno dei pochissimi originali greci presenti sul nostro territorio.

Non stupisce che gli antichi mettessero proprio un leone a guardia dei defunti; simbolo di grande forza fisica e coraggio, questo animale era diffuso in Europa e nel Vicino Oriente ancora durante il primo millennio a.C. Ne parlano gli autori greci e la caccia al leone era una prerogativa dei grandi sovrani (basti pensare ad Alessandro Magno), che dimostravano in questa attività tutto il loro valore.
Errore clamoroso nel post “sulle tracce dei leoni del museo”!
Il leone funerario di Valvidone non proviene da una necropoli nei pressi di Bolsena, bensì dalla necropoli di Valvidone ubicata ad un km circa dall ‘odierno abitato di Tuscania (vt).
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Buongiorno Riccardo, grazie per la sua precisazione. Nel post è scritto che il leone proviene dalla necropoli di Valvidone; la localizzazione di quest’ultima nei pressi di Bolsena è stata data unicamente per facilitare la comprensione in relazione ad una località certamente molto nota.
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